UE
POST SCRIPTUM SUL NEGOZIATO DEL TEAM EUROPA CON LA TUNISIA: LA FIRMA DEL MEMORANDUM DI INTESA
Francesca Perrini (Università degli Studi di Messina) Lo sforzo diplomatico messo in campo dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, dalla Premier italiana Giorgia Meloni e dal Premier neerlandese Mark Rutte (Team Europa) per la ricerca di un accordo con il Presidente tunisino Kaïs Saied si è concluso
Digital Services Act e Digital Markets Act tra responsabilità dei fornitori e rischi di bis in idem
Il 15 dicembre 2020 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure per aggiornare la disciplina UE del settore digitale, distinte in due proposte di adozione di atti di diritto derivato, sontuosamente definite “Acts”. Il regolamento Digital Services Act (DSA) mira a regolare la sicurezza, la trasparenza e le condizioni di accesso ai servizi online, mentre il regolamento Digital Markets Act (DMA) si occupa degli aspetti commerciali e di concorrenza.
Le misure USA per la protezione dei mercati nazionali dell’acciaio e dell’alluminio: un nuovo capitolo della crisi dell’Organizzazione mondiale del commercio?
La recente guerra commerciale tra la Cina e gli Stati Uniti prende le mosse dalla decisione di questi ultimi di ricorrere, per ragioni di sicurezza nazionale, a un aumento del 25% e del 10% dei dazi doganali applicati alle importazioni di taluni prodotti, rispettivamente, dell’acciaio e dell’alluminio. Prefigurate in due rapporti del Dipartimento del Commercio del gennaio di quest’anno ed entrate in vigore il successivo 23 marzo, queste misure non colpiscono il Canada e il Messico, secondo quanto previsto dai proclami del Presidente Donald Trump dell’8 marzo 2018, oltre ad Argentina, Australia, Brasile, Corea del Sud e Unione europea, in base alle intese con loro raggiunte in un momento successivo.
Già all’indomani dei proclami presidenziali, diversi partner commerciali degli Stati Uniti avevano risposto duramente, come l’Unione europea e il Giappone. La reazione cinese è stata particolarmente forte: essa ha in primo luogo contestato la natura delle misure americane in seno all’Organizzazione mondiale del commercio, le quali non costituirebbero restrizioni fondate su motivi di sicurezza nazionale, legittimate in linea di principio dall’art. XXI del GATT 1994, bensì misure di salvaguardia, la cui disciplina è contenuta nell’art. XIX GATT 1994 e nel relativo Accordo ad hoc. Sulla base di quest’ultimo, allegando una violazione del diritto rilevante, la Cina ha quindi chiesto l’avvio di consultazioni con gli USA, invocato il suo diritto a reagire alle restrizioni in causa, secondo quanto disposto dall’art. 8, par. 2 e, da ultimo, presentato ricorso innanzi agli organi contenziosi dell’OMC. A fronte di queste iniziative, gli Stati Uniti hanno mantenuto ferma la giustificazione per esigenze di sicurezza nazionale, negando quindi che trovino applicazione le norme in materia di salvaguardia.
Ultra vires review e applicazione orizzontale del principio di non discriminazione sulla base dell’età: una riflessione (a freddo) su Dansk Industri
1. Con sentenza n. 15/2014, del 6 dicembre 2016, la Corte suprema danese ha rifiutato di dare attuazione alla sentenza della Corte di giustizia nella causa Dansk Industri (sentenza del 19 aprile 2016, C-441/14), ritenendola in contrasto con lo strumento di adesione della Danimarca all’Unione e con il riparto di competenze in esso cristallizzato.
Questa sentenza, che sino ad ora non è stata oggetto di particolari attenzioni da parte degli studiosi, se si eccettuano Gualco e Lourenço e di recente ancora Gualco, scrive un nuovo capitolo nel rapporto complesso fra la Corte di giustizia e i giudici titolari del controllo di costituzionalità degli Stati membri (nel caso di specie, infatti, la Corte suprema danese è anche titolare in ultima istanza del controllo di costituzionalità delle leggi, poiché il sistema danese è un sistema a controllo di costituzionalità diffuso). Se la Corte di giustizia, secondo l’articolo 263 TFUE, è la custode dell’interpretazione dei Trattati e della legislazione dell’Unione europea, i giudici costituzionali degli Stati membri sono invece competenti per la valutazione della conformità delle norme UE, e di quelle nazionali che ne danno attuazione, con le rispettive Costituzioni nazionali. Questa situazione ha generato occasioni di attrito fra le Corti, che a volte si sono concluse positivamente, come per la richiesta di rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale tedesca sul programma “OMT” annunciato dalla Banca centrale europea (sentenza del 16 giugno 2015, C-62/14, Gauweiler, a cui poi la Corte costituzionale tedesca si è conformata con sentenza del 21 giugno 2016, 2 BvR 2728/13; vedi il post di Pace in questo blog); altre volte esse si sono concluse negativamente, come nel caso delle sentenze della Corte costituzionale ungherese (sentenza del 17 maggio 2004, n. 17/2004) e della Corte costituzionale della Repubblica slovacca (sentenza del 18 ottobre 2005, Pl. ÚS 8/04), che hanno annullato la disciplina interna di recepimento di alcune norme di diritto dell’Unione (si trattava, rispettivamente, dell’annullamento per contrasto con il dettato costituzionale di una disciplina interna adottata in applicazione di un regolamento e in esecuzione di una direttiva). Dal controllo di costituzionalità discende poi la valutazione di conformità dei poteri esercitati dall’Unione europea con quelli che le sono stati attribuiti dagli Stati membri, secondo il principio dei poteri conferiti (ultra vires review). La Corte di giustizia non sfugge a questo scrutinio, ragione per la quale la Corte costituzionale della Repubblica ceca (sentenza del 31 ottobre 2010, Pl. ÚS 5/12) ha dichiarato ultra vires la sentenza Landtová (sentenza del 22 giugno 2011, C-399/09).