tortura
Se il sospetto è uccel di bosco. Riflessioni sulla giudicabilità in absentia dei sospettati di crimini internazionali alla luce della sentenza della Corte Costituzionale Italiana n. 192(2023) relativa alla vicenda Regeni
Giampaolo Guizzardi Righetti (Università di Milano Bicocca) Introduzione In data 27 settembre 2023 la Corte Costituzionale Italiana, con la sentenza 192 (2023), pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 26 ottobre 2023, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del recentemente novellato Art. 420-bis(3) c.p.p. -riformato dall’ art. 23(1)(c) d.lgs. n. 150 del 2022
Sulla proposta di abrogare il reato di tortura
Antonio Marchesi (Università di Teramo) 1. A poco più di sei anni dalla loro introduzione, avvenuta quasi trent’anni dopo la ratifica italiana della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, le fattispecie di cui all’art. 613-bis e all’art. 613-ter del codice penale (qui), rubricate rispettivamente «tortura» e «istigazione
ANCORA SUL CASO REGENI: IL “DIRITTO ALLA SEGRETEZZA” DEI NEGOZIATI INTERNAZIONALI E LA COMPETENZA DEI GIUDICI INTERNI A DECIDERE SITUAZIONI DI RILEVANZA INTERNAZIONALISTICA ALLA LUCE DI ALCUNI RECENTI SVILUPPI DEL PROCESSO PENALE IN VIA DI (NON) SVOLGIMENTO IN ITALIA
Gianpaolo Maria Ruotolo (Università di Foggia) 1. Il drammatico caso dell’omicidio del dottorando di ricerca italiano Giulio Regeni, avvenuto in Egitto ormai sette anni or sono, oltre allo sdegno civile (si veda, ex multis, il Comunicato del Direttivo della Sidi del 17 dicembre 2020), ha comportato anche l’attenzione degli studiosi
Un passo avanti della giustizia penale internazionale contro l’ «istituzionalizzazione della tortura»: la CPI autorizza in appello l’indagine sui possibili crimini internazionali commessi in Afghanistan (e in Europa) durante la war on terror
Dopo un iter procedimentale complesso e assai dibattuto, il 5 marzo 2020 l’Appeals Chamber (AC) della Corte Penale Internazionale (CPI o Corte) ha autorizzato (Autorizzazione) la Procura diretta da Fatou Bensouda all’apertura di una indagine relativa alla situazione in Afghanistan e ai potenziali crimini di guerra e contro l’umanità commessi nell’ambito del conflitto armato che, nel paese stesso, e con implicazioni in diversi altri Stati, dal 2001 ha segnato l’inizio del decennio della war on terror.
Cala il sipario della Corte europea sulle violenze al G8 (ma non sulla tortura in Italia). Brevi spunti a margine dei casi Azzolina e Blair
Cala il sipario della Corte europea dei diritti dell’uomo sulle violenze commesse in occasione del G8 di Genova del 2001. Con due sentenze “gemelle” nei casi Azzolina et. al. e Blair et al. del 26 ottobre 2017, la Corte di Strasburgo ha nuovamente condannato l’Italia per la violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti di cui all’art. 3 CEDU, stavolta in relazione alle violenze perpetrate dalle forze di polizia all’interno della caserma di Bolzaneto.
Chiuso così il contenzioso europeo sulle violenze del G8, è ora possibile tracciare un bilancio complessivo della vicenda. Un bilancio non certo lusinghiero per lo Stato italiano, reduce da quattro pesantissime condanne (alle due pronunce che qui si annotano si aggiungono le sentenze Cestaro del 14 aprile 2015 e Bartesaghi Gallo et al. del 22 giugno 2017 relative ai fatti nella scuola “Diaz-Pertini”, nonché le due decisioni di radiazione dal ruolo per componimento amichevole nei casi Alfarano e Battista et al. del 14 marzo 2017), che hanno censurato il carattere drammaticamente deficitario del sistema sanzionatorio italiano (quantomeno quello dell’epoca), puntando apertamente il dito contro la colpevole inerzia del legislatore (per un commento alla sentenza Cestaro, si rinvia ad un nostro precedente post).
Su questo scenario desolante si innesta la recente novella legislativa che, colmando l’imbarazzante e prolungato vuoto normativo, ha finalmente dotato l’ordinamento penale di una nuova fattispecie incriminatrice, l’art. 613-bis c.p., tesa a sanzionare atti di tortura e trattamenti inumani e degradanti. Eppure, come si dirà, questo intervento non ci pare di per sé idoneo a mettere lo Stato italiano al riparo da nuove condanne per violazione dell’art. 3 CEDU.
In morte di Giulio Regeni
Gabriella Carella, Università degli studi Aldo Moro – Bari
Il ritrovamento del corpo martoriato del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni non poteva non suscitare una prorompente domanda di verità e giustizia a tutti i livelli. Talune misure adottabili de iure condito per soddisfare tale esigenza, morale oltre che giuridica, sono state individuate opportunamente – anche nei loro risvolti problematici – nel post di Luca Pasquet e non sarebbe utile ritornare sull’argomento. Mia intenzione è invece rimarcare le misure de iure condendo che sono implicate dal caso Regeni come impellente necessità.
L’Italia, l’Egitto, e il “diritto alla verità”: alcune considerazioni sul caso Regeni
Luca Pasquet, Graduate Institute of International and Development Studies Sappiamo poco delle circostanze che hanno portato alla morte di Giulio Regeni. Ma gli elementi resi noti dalla stampa – la sua sparizione, ed il ritrovamento del corpo che riporta tracce evidenti di tortura – fanno sorgere alcuni sospetti rispetto alle
L’insostenibile leggerezza del non-essere: la perdurante assenza del reato di tortura e i fatti del G8 sotto la (prevedibile) scure del giudice di Strasburgo. Prime riflessioni a margine del caso Cestaro c. Italia
Giulia Borgna, Università di Palermo e Max Planck Institut für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht Premessa Le violenze perpetrate dalle forze di polizia nel corso dell’irruzione nella scuola Diaz-Pertini in occasione del summit del G8 di Genova «devono essere qualificate come tortura» ai sensi dell’art. 3 CEDU. Un danno (tutt’altro che