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L’accordo tra Australia e Tuvalu sui visti ‘climatici’: una svolta per le migrazioni ambientali nel Pacifico?
Martina Sardo (Università di Palermo) 1. Da anni ormai, gli Stati dell’oceano Pacifico, più di altri, sperimentano gli effetti negativi del cambiamento climatico, e dell’innalzamento del livello del mare in particolare. I recenti studi scientifici lasciano pochi dubbi sulle conseguenze devastanti che – nel breve e lungo termine – l’innalzamento dei
Non-refoulement e cambiamento climatico: il caso Teitiota c. Nuova Zelanda
Le considerazioni (Views) sul caso Teitiota c. Nuova Zelanda (comunicazione n. 2728/2016), adottate dal Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite (d’ora in avanti, “il Comitato”) nell’ambito della sessione tenutasi dal 14 ottobre all’8 novembre 2019, e pubblicate il 7 gennaio 2020, costituiscono una pronuncia di notevole importanza in materia di cambiamento climatico e dell’impatto di tale fenomeno sui diritti umani. In particolare, come si vedrà, nel quadro della decisione in oggetto, il Comitato ha – per la prima volta – avuto l’occasione di prospettare l’applicazione del divieto di refoulement in caso di rischio per la vita derivante da disastri ambientali legati a cambiamenti climatici.
Un gioco delle parti sulla pelle delle persone. L’insostenibilità delle ragioni greche, turche ed europee nella crisi migratoria in corso.
Il Governo turco ha fatto transitare i potenziali richiedenti asilo (stimati in centomila dal Ministro degli Interni) per il proprio Paese, permettendo loro di giungere al confine (anzi: ai confini) con la Grecia. Quest’ultima ha deciso di ‘militarizzare’ le aree di confine, dichiarando di non accettare ulteriori richieste di asilo, respingendo potenziali richiedenti con ogni mezzo, e invocando l’art. 78, comma 3, del TFUE, il quale stabilisce che il Consiglio può adottare misure temporanee a beneficio di uno Stato membro dell’Unione che affronti una situazione di emergenza.
Nel frattempo, gli individui che hanno tentato di attraversare il confine greco-turco sono stati oggetto di violenze inaccettabili (per un resoconto, v. l’articolo di Annalisa Camilli su Internazionale) e – notizia di tre giorni fa – trattenuti in località segrete e sottoposti a trattamenti inumani e degradanti.
Sebbene tale ultimo aspetto sia il più drammatico e l’attenzione della società civile sia giustamente rivolta ad assicurare il rispetto dei diritti umani e della Convenzione di Ginevra del 1951 (v. ad esempio il richiamo di ECRE), il presente contributo ha l’obiettivo di fare chiarezza su alcuni aspetti generali della vicenda. Dal punto di vista del diritto internazionale e del diritto dell’Unione europea, infatti, le posizioni dei tre attori coinvolti – Grecia, UE e Turchia – sollevano pesanti interrogativi in ordine alla legittimità delle rispettive azioni e reazioni.
A tal fine, il post si concentrerà, analizzandole criticamente, sulle dichiarazioni ufficiali rese dai tre attori appena menzionati, in particolare: la dichiarazione del Primo ministro greco del 3 marzo 2020; la dichiarazione dei Ministri degli affari esteri dell’UE del 6 marzo 2020 e quella del Governo turco, rilasciata lo stesso giorno.
Quello che le norme non dicono. Le ambiguità del decreto sicurezza-bis, la gestione dei flussi migratori e l’Europa che verrà
Il 15 giugno 2019 è entrato in vigore un nuovo Decreto-legge, il n. 53 del 14 giugno 2019, recante “Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”, in G.U. serie generale n. 138 del 14 giugno 2019, disponibile qui). Pur adottato con la tecnica della decretazione d’urgenza, alla quale siamo ormai adusi, l’atto contiene disposizioni molto eterogenee, che spaziano dall’introduzione di specifiche circostanze aggravanti per reati commessi nel corso di manifestazioni sportive, all’inasprimento e ampliamento della fattispecie del reato di bagarinaggio, ed altre ancora. Tralasciando l’analisi delle disposizioni più pregnanti del Capo I del Decreto, “Disposizioni urgenti in materia di contrasto all’immigrazione illegale e di ordine e sicurezza pubblica”, che modificano il testo unico sull’immigrazione, incidono sull’applicazione di Convenzioni internazionali come la Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare e saranno opportunamente oggetto di un post separato, ne rinveniamo altre che pongono interrogativi importanti e, come si vedrà, presentano numerosi profili di un certo interesse per il diritto internazionale e quello dell’Unione europea. Si tratta di norme le quali – pur incidendo, prima facie, solo in maniera riflessa sulla disciplina della condizione giuridica dello straniero, come è noto oggetto di una “doppia” (o rinforzata) riserva di legge ai sensi dell’art. 10, comma secondo, della Costituzione – sollevano questioni tecniche di cui si tenterà di dar conto ma alle quali non è facile, allo stato, dare una risposta esaustiva.
La “minaccia” italiana di “bloccare” gli sbarchi di migranti e il diritto internazionale
Nessuna decisione di “bloccare” l’accesso a porti italiani da parte di imbarcazioni cariche di migranti e dirette in tali porti è stata sinora presa dal Governo italiano. Secondo quanto si apprende dalla stampa, è, però, proprio una simile prospettiva che il rappresentante italiano presso l’Unione europea avrebbe fatto balenare al Commissario europeo competente, Dimitri Avramopoulos, in considerazione del consistente numero di sbarchi susseguitisi negli ultimi giorni, il cui impatto critico sul nostro sistema di accoglienza è stato sottolineato anche dal Presidente della Repubblica Mattarella e dal Presidente del Consiglio Gentiloni.
DON’T ASK WHY: L’IMMIGRAZIONE NELL’ERA (CAOTICA) DI TRUMP
Quando il Presidente Trump ha emanato l’Executive Order n. 13769 sulla limitazione dei flussi migratori qualche commentatore ha immaginato si trattasse di una scelta poco meditata, da inquadrarsi nel caos politico dei primi giorni della nuova presidenza (v. Wallace-Well). Invece, l’Order che impedisce l’ingresso ai cittadini di sette paesi islamici per 90 giorni e blocca l’accoglienza dei rifugiati siriani a tempo indeterminato (mentre di 120 giorni è limite per i rifugiati in genere) esprime chiaramente la linea di fondo della politica immigratoria di Trump. Quest’ultima è peraltro confermata dall’emanazione, il 6 marzo scorso, di un nuovo Executive Order che prolunga la durata del primo immigration ban ed espunge l’Iraq dalla lista dei paesi i cui cittadini sono indesiderati, in ragione dell’asserito recente impegno iracheno nel contrastare l’immigrazione clandestina in uscita.
I migranti, la solidarietà e l’Europa senza qualità
Giuseppe Morgese, Università degli Studi di Bari Aldo Moro Uno dei più bei romanzi (incompiuti) della prima metà del Novecento è l’“Uomo senza qualità” dello scrittore austriaco Robert Musil. Ambientato in un ipotetico Stato che ricorda l’impero austro-ungarico, negli anni precedenti la Prima guerra mondiale, il romanzo narra le vicende