privacy shield
Tutela dei dati personali e deroghe in materia di sicurezza nazionale dopo l’entrata in vigore del Privacy Shield
Dopo diversi mesi di negoziato, la Commissione e il governo statunitense hanno infine raggiunto un accordo sul trasferimento verso gli Stati Uniti di dati personali raccolti nel territorio dell’Unione europea. Il negoziato, per la verità avviato già a partire dalle rivelazioni del Datagate, aveva subito una consistente accelerazione dopo l’intervento della Corte di giustizia a seguito della nota sentenza Schrems del 6 ottobre 2015. Con la sentenza, la Corte ha annullato la decisione di adeguatezza – fondata sui Safe Harbour Principles – che legittimava, ex art. 25 della Direttiva 95/46, il trasferimento di dati verso gli USA (sulla sentenza v. il post di M. Nino, La Corte di giustizia dichiara l’invalidità del sistema di Safe Harbour: la sentenza Schrems). Secondo la Corte, infatti, le deroghe alla tutela dei dati personali, contemplate dal sistema Safe Harbour e fondate su esigenze connesse alla sicurezza nazionale, avrebbero consentito alle autorità statunitensi un accesso generalizzato e indiscriminato ai dati dei cittadini europei, tale da costituire un pregiudizio del contenuto essenziale del diritto al rispetto della vita privata di cui all’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali (Schrems, par. 94).