primato
Ultra vires review e applicazione orizzontale del principio di non discriminazione sulla base dell’età: una riflessione (a freddo) su Dansk Industri
1. Con sentenza n. 15/2014, del 6 dicembre 2016, la Corte suprema danese ha rifiutato di dare attuazione alla sentenza della Corte di giustizia nella causa Dansk Industri (sentenza del 19 aprile 2016, C-441/14), ritenendola in contrasto con lo strumento di adesione della Danimarca all’Unione e con il riparto di competenze in esso cristallizzato.
Questa sentenza, che sino ad ora non è stata oggetto di particolari attenzioni da parte degli studiosi, se si eccettuano Gualco e Lourenço e di recente ancora Gualco, scrive un nuovo capitolo nel rapporto complesso fra la Corte di giustizia e i giudici titolari del controllo di costituzionalità degli Stati membri (nel caso di specie, infatti, la Corte suprema danese è anche titolare in ultima istanza del controllo di costituzionalità delle leggi, poiché il sistema danese è un sistema a controllo di costituzionalità diffuso). Se la Corte di giustizia, secondo l’articolo 263 TFUE, è la custode dell’interpretazione dei Trattati e della legislazione dell’Unione europea, i giudici costituzionali degli Stati membri sono invece competenti per la valutazione della conformità delle norme UE, e di quelle nazionali che ne danno attuazione, con le rispettive Costituzioni nazionali. Questa situazione ha generato occasioni di attrito fra le Corti, che a volte si sono concluse positivamente, come per la richiesta di rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale tedesca sul programma “OMT” annunciato dalla Banca centrale europea (sentenza del 16 giugno 2015, C-62/14, Gauweiler, a cui poi la Corte costituzionale tedesca si è conformata con sentenza del 21 giugno 2016, 2 BvR 2728/13; vedi il post di Pace in questo blog); altre volte esse si sono concluse negativamente, come nel caso delle sentenze della Corte costituzionale ungherese (sentenza del 17 maggio 2004, n. 17/2004) e della Corte costituzionale della Repubblica slovacca (sentenza del 18 ottobre 2005, Pl. ÚS 8/04), che hanno annullato la disciplina interna di recepimento di alcune norme di diritto dell’Unione (si trattava, rispettivamente, dell’annullamento per contrasto con il dettato costituzionale di una disciplina interna adottata in applicazione di un regolamento e in esecuzione di una direttiva). Dal controllo di costituzionalità discende poi la valutazione di conformità dei poteri esercitati dall’Unione europea con quelli che le sono stati attribuiti dagli Stati membri, secondo il principio dei poteri conferiti (ultra vires review). La Corte di giustizia non sfugge a questo scrutinio, ragione per la quale la Corte costituzionale della Repubblica ceca (sentenza del 31 ottobre 2010, Pl. ÚS 5/12) ha dichiarato ultra vires la sentenza Landtová (sentenza del 22 giugno 2011, C-399/09).
La primazia del primato sull’efficacia (diretta?) del diritto UE nella vicenda Taricco
1. In questo post (che sviluppa alcune osservazioni svolte qui) mi limiterò a ragionare su un profilo problematico della notissima vicenda Taricco (vedi qui per il testo della sentenza, del 2015, della Corte di giustizia): la (supposta) efficacia diretta dell’articolo 325 TFUE (per un commento ricostruttivo sull’ordinanza n. 24/2017 della Corte costituzionale vedi Gradoni, in questo blog; recentemente, sempre sull’ordinanza, per alcune osservazioni di stampo costituzionalistico vedi Faraguna, Pollicino e Bassini, Repetto e Tega; nella prospettiva penalistica Cupelli e Manes; dal punto di vista del diritto UE vedi Amalfitano).
A titolo preliminare, osservo che il tema del riconoscimento dell’efficacia diretta di una norma UE, visto in rapporto al principio del primato, pur rilevando, certamente, ai fini dei controlimiti, essendo il presupposto dell’obbligo di disapplicazione, solleva diverse criticità, anche a prescindere dall’invocazione, o meno, da parte della Corte costituzionale, della clausola sui principi costituzionali supremi. Peraltro, Taricco 2015 pone il serio dubbio – in linea con una certa lettura di parte della giurisprudenza pregressa della Corte di giustizia – che l’effetto diretto di una norma UE non sia per se precondizione per la disapplicazione della normativa nazionale (vedi infra, § 4).
Da una impunità di fatto a una imprescrittibilità di fatto della frode in materia di imposta sul valore aggiunto?
Chiara Amalfitano, Università degli Studi di Milano 1. Qualche riflessione a caldo sulla sentenza Taricco e a. della Corte di giustizia (Grande Sezione), dello scorso 8 settembre 2015 (causa C-105/14), pare opportuna, nel tentativo di evidenziare i limiti della sua portata applicativa e di analizzare il suo possibile impatto sul