immigrazione
PROCEDURA DI CONFINE E PROCEDURA AI CONFINI DELLA REALTÀ NEL PROTOCOLLO ITALIA-ALBANIA IN MATERIA DI MIGRAZIONE
Gabriella Carella (Università di Bari “Aldo Moro”) 1. Il vasto arsenale delle misure che gli Stati occidentali hanno elaborato ‒ con impegno e creatività degni di miglior causa ‒ al fine di aggirare il divieto di refoulement di persone che fuggono da gravi situazioni di pericolo, si è arricchito di recente di un nuovo meccanismo, introdotto
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del Protocollo Italia-Albania: profili di (in)compatibilità con il diritto dell’Unione europea
Giada Grattarola (Università di Pavia) 1. Introduzione Come ormai noto, il Protocollo tra Italia ed Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, firmato a Roma il 6 novembre 2023, riconosce il diritto dello Stato italiano di utilizzare due aree demaniali, di proprietà dello Stato albanese e site nel
On the incompatibility of the Italy-Albania Protocol with EU asylum law
On the 6th of November 2023, the President of the Council of Ministers, Giorgia Meloni, issued a press release announcing the conclusion of a Protocol to examine asylum applications in Albania.
This analysis will therefore first clarify how it differs from other externalisation practices, and then examine whether offshore processing is allowed under EU asylum law, bearing in mind that the precise details relating to the application of the Protocol have not yet been made public, and will most likely require the passing of an implementing decree.
Sull’illegittimità del Protocollo Italia-Albania in materia migratoria
Il Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei Ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, firmato a Roma il 6 novembre 2023, che costituirà la base giuridica per la costruzione di due centri per la gestione dei migranti sul territorio albanese, posti sotto la giurisdizione italiana, presenta aspetti di forte criticità che meritano attenzione.
POST SCRIPTUM SUL NEGOZIATO DEL TEAM EUROPA CON LA TUNISIA: LA FIRMA DEL MEMORANDUM DI INTESA
Francesca Perrini (Università degli Studi di Messina) Lo sforzo diplomatico messo in campo dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, dalla Premier italiana Giorgia Meloni e dal Premier neerlandese Mark Rutte (Team Europa) per la ricerca di un accordo con il Presidente tunisino Kaïs Saied si è concluso
La giurisdizione penale extraterritoriale e la Convenzione di Palermo: nuove (o antiche?) riflessioni ispirate dalla Corte di Cassazione
Daniele Mandrioli (Università degli Studi di Milano) Nel corso degli ultimi anni, il proliferare dei traffici illeciti nel Mar Mediterraneo ha sovente impegnato i giudici italiani nella delicata definizione dei limiti di esercizio della giurisdizione penale con riferimento a reati commessi in acque straniere e in alto mare. In tale
Navigare fra istanze “stato-centriche” e “cosmopolitiche”: il caso “Sea-Watch” in una prospettiva conflittuale
Il caso della “Sea-Watch” (Gradoni e Pasquet) pone una questione di grande importanza dal punto di vista teorico per il diritto internazionale. Si tratta del conflitto fra due modi di interpretare il funzionamento delle norme internazionali in gioco, che potremmo sinteticamente denominare prospettiva “stato-centrica” e prospettiva “cosmopolitica”. Per prospettiva “stato-centrica” intendiamo qui una duplice propensione, espressa da un certo numero di Governi; duplice, perché consistente, non solo nello spogliarsi delle responsabilità concernenti il rispetto di diritti individuali, ma anche nel negare che di tali responsabilità possano farsi direttamente carico soggetti non statali. Per prospettiva “cosmopolitica”, intendiamo invece l’atteggiamento specularmente opposto, assunto dai soggetti non statali convolti; e cioè, la propensione a farsi carico dei diritti fondamentali delle persone coinvolte, e a realizzarne la protezione, in quanto interesse collettivo giuridicamente rilevante, anche in contrasto con Governi nazionali.
Quello che le norme non dicono. Le ambiguità del decreto sicurezza-bis, la gestione dei flussi migratori e l’Europa che verrà
Il 15 giugno 2019 è entrato in vigore un nuovo Decreto-legge, il n. 53 del 14 giugno 2019, recante “Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”, in G.U. serie generale n. 138 del 14 giugno 2019, disponibile qui). Pur adottato con la tecnica della decretazione d’urgenza, alla quale siamo ormai adusi, l’atto contiene disposizioni molto eterogenee, che spaziano dall’introduzione di specifiche circostanze aggravanti per reati commessi nel corso di manifestazioni sportive, all’inasprimento e ampliamento della fattispecie del reato di bagarinaggio, ed altre ancora. Tralasciando l’analisi delle disposizioni più pregnanti del Capo I del Decreto, “Disposizioni urgenti in materia di contrasto all’immigrazione illegale e di ordine e sicurezza pubblica”, che modificano il testo unico sull’immigrazione, incidono sull’applicazione di Convenzioni internazionali come la Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare e saranno opportunamente oggetto di un post separato, ne rinveniamo altre che pongono interrogativi importanti e, come si vedrà, presentano numerosi profili di un certo interesse per il diritto internazionale e quello dell’Unione europea. Si tratta di norme le quali – pur incidendo, prima facie, solo in maniera riflessa sulla disciplina della condizione giuridica dello straniero, come è noto oggetto di una “doppia” (o rinforzata) riserva di legge ai sensi dell’art. 10, comma secondo, della Costituzione – sollevano questioni tecniche di cui si tenterà di dar conto ma alle quali non è facile, allo stato, dare una risposta esaustiva.
Di intese segrete e alibi parlamentari: tra la decisione del TAR sull’accordo col Niger e il Global Compact sulle migrazioni
Il Governo italiano è obbligato a rendere pubblico l’accordo di cooperazione sottoscritto con il Niger nel settembre 2017 (v. qui e qui) che non è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e nemmeno reso disponibile nell’Archivio dei Trattati Internazionali Online (ATRIO) del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Così ha deciso il TAR del Lazio accogliendo il ricorso di alcuni avvocati dell’Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione (ASGI) avverso un diniego opposto dal MAECI.
La sentenza pronunciata dalla Terza Sezione del TAR è importante per varie ragioni. In primo luogo, sancisce un obbligo generale a carico del Governo di rendere pubblico il testo di accordi internazionali che non siano espressamente coperti da segreto di Stato, sia quando questi siano conclusi in forma semplificata, sia quando questi siano applicati in pendenza dell’iter di autorizzazione alla ratifica. L’affermazione di tale obbligo giunge in un periodo storico in cui il Governo italiano conclude diversi accordi di cooperazione con gli Stati di provenienza e di transito dei migranti, finalizzati alla gestione dei flussi migratori, seguendo procedure semplificate di conclusione, che non prevedono autorizzazione parlamentare, e, in taluni casi, omettendo di pubblicarne i relativi testi.
L’accordo col Niger – e la sua applicazione – rappresentano per un verso un caso del tutto peculiare e, per un altro, sono sintomatici di alcune tendenze problematiche che verranno esposte per sommi capi in questo post, anche con riferimento, nel finale, alla recente posizione del Governo italiano sul Global Compact sulle migrazioni.
IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA POLITICHE MIGRATORIE
Se un essere razionale di avanzata evoluzione (evidentemente un marziano), osservando le vicende di questo “atomo opaco del male”, avesse seguito negli ultimissimi tempi le cronache sui movimenti di persone nel Mediterraneo e le reazioni politiche e giuridiche ad esse, sicuramente ne sarebbe rimasto a dir poco esterrefatto. Difatti, è difficile trovare una successione di eventi così drammaticamente irrazionali – prima ancora, e oltre che, illeciti – quali quelli che si sono susseguiti a partire dall’adozione, il 13 maggio 2015, dell’Agenda europea per le migrazioni (su cui v. il post di Cherubini in questo blog). In essa, un po’ occultata da una paccottiglia di routinarie dichiarazioni di dolore per le tante vittime e di burocratiche preoccupazioni umanitarie per la sorte dei futuri soggetti in partenza – sotto il titolo Collaborare con i paesi terzi per affrontare a monte la questione della migrazione – si trova la misura centrale della gestione dei flussi da parte dell’Unione europea e dei suoi Stati membri: la c.d. esternalizzazione delle frontiere (sulla quale v. Frelick, Kysel, Podkul ). Lanciata gloriosamente dal governo italiano con il Processo di Kartoum del novembre 2014 (per un commento v. qui il quale vedi qui); successivamente sviluppata dalla Commissione europea nella Comunicazione sulla creazione di un nuovo quadro di partenariato con i Paesi terzi nell’ambito dell’Agenda europea sulla migrazione del 7 giugno 2016; sostenuta dal Summit UE/OUA, tenutosi alla Valletta nel novembre 2015 (anche con la creazione di uno strumento economico, il Fondo fiduciario per l’Africa); trionfalmente sbandierata nel Vertice di Parigi sulle migrazioni, l’esternalizzazione delle frontiere è ormai la pietra angolare delle politiche migratorie (anche se rischia di divenirne la pietra d’inciampo), ormai di gran lunga preferita rispetto a misure parimenti perspicue, anche se ancillari, proposte dall’Italia, quali il bombardamento dei barconi di migranti (per il quale si rinvia ad un nostro precedente post) o la chiusura dei porti alle imbarcazioni cariche di persone salvate da naufragi (su cui v. il post di De Sena e De Vittor).