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Bosnia-Erzegovina, diritti di partecipazione politica e CEDU: nulla di nuovo sotto il cielo. Osservazioni sulla sentenza Pudarić della Corte europea dei diritti dell’uomo
La sentenza emanata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (quarta sezione) l’8 dicembre 2020 nel caso Pudarić v. Bosnia and Herzegovina (ric. 55799/18) conferma come, a 25 anni dai c.d. Accordi di Dayton (General Framework Agreement for Peace in Bosnia and Herzegovina), la situazione in questo Stato balcanico rimanga sostanzialmente improntata al mantenimento dello status quo basato sull’equilibrio etnico. Nonostante l’art. II della Costituzione bosniaca, che è uno degli allegati agli Accordi di Dayton, stabilisca la prevalenza della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) sul diritto interno, su una questione dirimente come la rappresentanza politica senza discriminazioni su base etnica, la Convenzione rimane inattuata. La sentenza Pudarić, infatti, è la quinta pronuncia della Corte di Strasburgo che condanna la Bosnia-Erzegovina per questo motivo.