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Misure di contrasto all’epidemia e diritti umani, fra limitazioni ordinarie e deroghe
L’impatto devastante dell’epidemia da COVID-19 sta imponendo agli Stati (e alle organizzazioni internazionali competenti) l’introduzione di misure vieppiù incisive per tentare di arginarne l’avanzata e mitigarne gli effetti. Alcuni dei provvedimenti adottati comportano restrizioni al pieno godimento dei diritti individuali: l’imposizione di quarantene e le ospedalizzazioni coatte costituiscono chiare interferenze col diritto alla libertà personale; la creazione di zone dalle quali non è concesso allontanarsi incide sulla libertà di movimento; la requisizione di beni privati limita il diritto di proprietà. In alcuni casi i governi hanno fatto ricorso a tecniche di sorveglianza capaci di limitare fortemente il diritto alla vita privata e familiare.
I diritti in questione sono garantiti dagli ordinamenti interni degli Stati, ma anche da numerosi trattati a tutela dei diritti umani. Sia i primi che i secondi prevedono tuttavia la possibilità di introdurre restrizioni al pieno esercizio dei diritti individuali, allorché debbano essere protetti interessi collettivi (quali la salute e l’ordine pubblico), interessi essenziali dello Stato o i diritti e le libertà di altri individui.
Scopo di questo post è di esaminare rapidamente quali restrizioni siano permesse nelle circostanze attuali, e quali siano i requisiti formali e sostanziali che vanno rispettati nella loro attuazione. L’analisi si concentrerà sul quadro giuridico fissato dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU).