accordo ue turchia
Un gioco delle parti sulla pelle delle persone. L’insostenibilità delle ragioni greche, turche ed europee nella crisi migratoria in corso.
Il Governo turco ha fatto transitare i potenziali richiedenti asilo (stimati in centomila dal Ministro degli Interni) per il proprio Paese, permettendo loro di giungere al confine (anzi: ai confini) con la Grecia. Quest’ultima ha deciso di ‘militarizzare’ le aree di confine, dichiarando di non accettare ulteriori richieste di asilo, respingendo potenziali richiedenti con ogni mezzo, e invocando l’art. 78, comma 3, del TFUE, il quale stabilisce che il Consiglio può adottare misure temporanee a beneficio di uno Stato membro dell’Unione che affronti una situazione di emergenza.
Nel frattempo, gli individui che hanno tentato di attraversare il confine greco-turco sono stati oggetto di violenze inaccettabili (per un resoconto, v. l’articolo di Annalisa Camilli su Internazionale) e – notizia di tre giorni fa – trattenuti in località segrete e sottoposti a trattamenti inumani e degradanti.
Sebbene tale ultimo aspetto sia il più drammatico e l’attenzione della società civile sia giustamente rivolta ad assicurare il rispetto dei diritti umani e della Convenzione di Ginevra del 1951 (v. ad esempio il richiamo di ECRE), il presente contributo ha l’obiettivo di fare chiarezza su alcuni aspetti generali della vicenda. Dal punto di vista del diritto internazionale e del diritto dell’Unione europea, infatti, le posizioni dei tre attori coinvolti – Grecia, UE e Turchia – sollevano pesanti interrogativi in ordine alla legittimità delle rispettive azioni e reazioni.
A tal fine, il post si concentrerà, analizzandole criticamente, sulle dichiarazioni ufficiali rese dai tre attori appena menzionati, in particolare: la dichiarazione del Primo ministro greco del 3 marzo 2020; la dichiarazione dei Ministri degli affari esteri dell’UE del 6 marzo 2020 e quella del Governo turco, rilasciata lo stesso giorno.
L’accordo UE-Turchia: le criticità di un accordo a tutti i costi
Emanuela Roman, Università di Palermo
L’accordo di cooperazione in ambito migratorio tra Unione Europea (UE) e Turchia, definito nei sui principi il 7 marzo 2016, è stato confermato dal Consiglio europeo del 17-18 marzo 2016. Esso rappresenta l’ultimo, secondo alcuni disperato, tentativo europeo di fermare (o quantomeno ridurre drasticamente) il flusso di migranti e rifugiati, in maggioranza siriani, che continua a raggiungere l’Europa in numeri consistenti attraversando il Mar Egeo e percorrendo la rotta balcanica (più di 850.000 persone nel 2015).