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Il ruolo delle politiche commerciali a fronte della pandemia da COVID-19: brevi riflessioni alla luce del diritto OMC
Nel predisporre la risposta alla pandemia da COVID-19, gli Stati hanno dovuto far fronte alla necessità di aumentare la disponibilità, sul territorio nazionale, di presidi medici e sanitari, quali dispositivi di protezione individuale (DPI), ventilatori polmonari, disinfettanti e medicinali. L’accesso a questi beni sarà fondamentale anche per la ripresa della vita sociale ed economica e, al fine di una maggiore resilienza, potrà essere supportato da provvedimenti volti a costituire riserve adeguate. In questo contesto, le politiche commerciali possono giocare un ruolo importante, come emerge anche da un recente studio condotto in seno all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), relativo al diverso contesto di disastro naturale.
PANDEMIA, IMPRESE E DIRITTI UMANI. L’APPLICAZIONE DEI PRINCIPI GUIDA ONU SU IMPRESA E DIRITTI UMANI AL TEMPO DEL COVID-19
Sino ad oggi il dibattito sull’impatto del COVID-19 sui diritti umani ha concentrato l’attenzione sul ruolo degli Stati e sulla legittimità delle misure di deroga o di limitazione delle libertà individuali adottate per contenere la diffusione della pandemia, in combinazione con quelle di tipo economico e sociale tese ad offrire una rete di sicurezza sia agli individui che alle imprese. Minore attenzione, invece, è stata riposta sul ruolo, non meno importante, del settore privato. I Principi Guida ONU su impresa e diritti umani del 2011 (UNGPs) ci ricordano in effetti, che se da un lato spetta agli Stati l’obbligo (positivo) di regolare le attività delle imprese in modo che queste ultime non violino i diritti umani (v. Fasciglione, pp. 37-47), dall’altro lato la responsabilità delle imprese di rispettare (CRtoR), disciplinata dal secondo Pilastro dei UNGPs, impone alle imprese di rispettare i diritti umani nel corso delle loro operazioni e dell’intera value chain (v. Bonfanti e Bordignon, in part. p. 501) e di adottare le misure necessarie per evitare che le proprie attività abbiano un impatto negativo sui diritti umani e nel caso in cui lo si sia cagionato, per prevenirlo, mitigarlo e rimediarlo.
IL DECRETO INTERMINISTERIALE PER GESTIRE L’EMERGENZA COVID-19 NELL’AMBITO DEGLI OBBLIGHI DELL’ITALIA AI SENSI DELLA CONVENZIONE SAR: L’INSOSTENIBILE “INTERMITTENZA” DEL LUOGO SICURO PER I MIGRANTI DIRETTI VERSO L’ITALIA
Sull’onda dei copiosi provvedimenti adottati nell’era del coronavirus, il 7 aprile 2020 è stato adottato anche un decreto interministeriale col quale si sancisce che, per l’intero periodo di durata dell’emergenza sanitaria nazionale derivante dal COVID-19, i porti italiani non assicurano i «necessari requisiti per la classificazione e definizione di Place of Safety (luogo sicuro)» ai sensi della convenzione SAR, limitatamente tuttavia ai casi di soccorso effettuati da parte di navi straniere al di fuori dell’area SAR italiana. Si tratta di un decreto quanto meno insolito, che merita alcune riflessioni, preliminarmente alle quali va innanzitutto ripercorso l’iter motivazionale alla base del medesimo.
Il contrasto alla disoccupazione a fronte dell’emergenza sanitaria da COVID-19: è attuale il principio di solidarietà nell’Unione europea?
Il 2 aprile 2020 la Commissione ha proposto l’adozione di un regolamento relativo a un nuovo strumento finanziario fondato sull’art. 122 TFUE, denominato Support to Mitigate Unemployment Risks in an Emergency (SURE) Regulation e destinato a elargire prestiti agli Stati membri per sostenere la spesa generata dalle misure contro la disoccupazione. Si tratterebbe di un’azione emergenziale, inerente a tale base giuridica (in argomento, v. anche il precedente post di Costamagna). L’Unione si doterebbe di risorse finanziarie reperite sui mercati internazionali (garantite dagli Stati membri) al fine di alleviare i gravi fenomeni di disoccupazione che si profilano all’orizzonte come una delle conseguenze più nefaste dell’attuale emergenza sanitaria. Conviene ricordare che la proposta di costituire un Unemployment Insurance Scheme a livello europeo è stata avanzata nel 2015, dinanzi all’Eurogruppo, dall’allora Ministro Padoan (in proposito, v. qui).