Ultimi articoli
Il contrasto alla disoccupazione a fronte dell’emergenza sanitaria da COVID-19: è attuale il principio di solidarietà nell’Unione europea?
Il 2 aprile 2020 la Commissione ha proposto l’adozione di un regolamento relativo a un nuovo strumento finanziario fondato sull’art. 122 TFUE, denominato Support to Mitigate Unemployment Risks in an Emergency (SURE) Regulation e destinato a elargire prestiti agli Stati membri per sostenere la spesa generata dalle misure contro la disoccupazione. Si tratterebbe di un’azione emergenziale, inerente a tale base giuridica (in argomento, v. anche il precedente post di Costamagna). L’Unione si doterebbe di risorse finanziarie reperite sui mercati internazionali (garantite dagli Stati membri) al fine di alleviare i gravi fenomeni di disoccupazione che si profilano all’orizzonte come una delle conseguenze più nefaste dell’attuale emergenza sanitaria. Conviene ricordare che la proposta di costituire un Unemployment Insurance Scheme a livello europeo è stata avanzata nel 2015, dinanzi all’Eurogruppo, dall’allora Ministro Padoan (in proposito, v. qui).
Prime considerazioni sull’effettività delle risposte normative dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) alla diffusione del COVID-19
L’11 marzo 2020 il Direttore generale dell’OMS ha dichiarato che la diffusione del COVID-19 aveva ormai raggiunto il livello di una pandemia e ha raccomandato pertanto il rafforzamento della cooperazione per il contenimento del contagio. Poiché la propagazione del COVID-19 risultava imprevedibile e incontrollabile per la mancanza di un vaccino e trattamenti farmacologici specifici, nei giorni precedenti alcuni Stati, tra cui l’Italia, com’è noto, avevano adottato misure limitative della libertà di circolazione delle persone dapprima in alcune aree e poi nell’intero territorio nazionale, chiuso scuole, università e infine tutti gli esercizi commerciali non essenziali.
La protezione dello Stato di diritto nell’Unione europea ai tempi del Coronavirus: se non ora, quando?
Il post di Simone Benvenuti illustra con grande lucidità le ricadute sulla tutela dello Stato di diritto derivanti dall’adozione della legge organica ungherese n. 12, del 30 marzo 2020, relativa alla protezione contro il Coronavirus. Si tratta di misure abnormi, che non possono certo esser fatte rientrare nel novero delle decisioni che gli Stati dell’Unione sono legittimati ad adottare, in situazioni di emergenza, per derogare all’applicazione del diritto sovranazionale. De Sena ne delinea poi le criticità alla luce della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
In effetti, tali misure, che vanno a sommarsi ad una serie di riforme introdotte nel Paese europeo a partire dal 2011 – l’ultima delle quali, sostanzialmente contestuale alla legge del 30 marzo, volta a proibire la registrazione sui documenti di identità del cambio di sesso –, sembrano dar corpo in via definitiva (o quanto meno per un periodo di tempo indefinito) a quel modello di democrazia illiberale promosso con forza da Viktor Orbán, ponendosi così in netto contrasto con l’impianto valoriale su cui si fonda l’Unione europea (art. 2 TUE).
È dunque opportuno compiere alcune considerazioni sulle conseguenze che rispetto ad esse dovrebbero determinarsi sul piano sovranazionale.
Contrasto al COVID-19 e/o demolizione dello Stato di diritto? Le misure ungheresi e la Convenzione europea
L’esame delle misure di emergenza votate dal Parlamento ungherese accuratamente condotto nel post di Simone Benvenuti induce a svolgere qualche riflessione “a caldo”, anche sulla conformità di dette misure rispetto all’art. 15 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Dico “a caldo”, non solo per l’impossibilità di condensare, in poche righe, ed in pochissimo tempo, un’analisi che richiederebbe maggiori approfondimenti; ma anche perché una valutazione precisa di tali misure esigerebbe, evidentemente, di poterne considerare la prassi di attuazione di cui, allo stato, non può ancora disporsi.
Due sono allora gli aspetti di carattere generale sui quali, sin da ora, è possibile articolare qualche riflessione, fermo restando che su ulteriori questioni di tipo più specifico, considerazioni più meditate senz’altro potranno seguire.