KNOCK ON WOOD. IL CONTENZIOSO UE/UCRAINA SUL DIVIETO DI ESPORTAZIONE DI LEGNAME TRA TUTELA AMBIENTALE E LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI
Il 20 giugno 2019 l’Unione europea, constatata l’impossibilità di giungere a una soluzione mutuamente accettabile mediante la fase conciliativa già avviata il 15 gennaio 2019, ha attivato per la prima volta la fase contenziosa del sistema di soluzione delle controversie contemplato nell’Accordo di associazione con l’Ucraina e chiesto, quindi, la costituzione di un panel di esperti volto a verificare la compatibilità, con l’Accordo stesso, delle misure di restrizione all’esportazione di varie tipologie di legname non trattato adottate dalla controparte.
Navigare fra istanze “stato-centriche” e “cosmopolitiche”: il caso “Sea-Watch” in una prospettiva conflittuale
Il caso della “Sea-Watch” (Gradoni e Pasquet) pone una questione di grande importanza dal punto di vista teorico per il diritto internazionale. Si tratta del conflitto fra due modi di interpretare il funzionamento delle norme internazionali in gioco, che potremmo sinteticamente denominare prospettiva “stato-centrica” e prospettiva “cosmopolitica”. Per prospettiva “stato-centrica” intendiamo qui una duplice propensione, espressa da un certo numero di Governi; duplice, perché consistente, non solo nello spogliarsi delle responsabilità concernenti il rispetto di diritti individuali, ma anche nel negare che di tali responsabilità possano farsi direttamente carico soggetti non statali. Per prospettiva “cosmopolitica”, intendiamo invece l’atteggiamento specularmente opposto, assunto dai soggetti non statali convolti; e cioè, la propensione a farsi carico dei diritti fondamentali delle persone coinvolte, e a realizzarne la protezione, in quanto interesse collettivo giuridicamente rilevante, anche in contrasto con Governi nazionali.
La Convenzione dell’Aja del 2 luglio 2019 sul riconoscimento delle sentenze straniere: una prima lettura
La ventiduesima Sessione diplomatica della Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato si è chiusa, il 2 luglio 2019, con l’adozione della Convenzione sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni straniere in materia civile e commerciale, nota anche come Judgments Convention.
L’evento è significativo a più di un titolo. Lo è, da un lato, perché la Conferenza, dopo una pausa di dodici anni, è tornata a svolgere il più caratteristico dei suoi compiti, confermandosi capace di affiancare all’opera di manutenzione delle convenzioni esistenti un’azione propriamente normativa. L’adozione della convenzione è significativa, da un altro lato, perché con essa giunge a compimento uno dei progetti più ambiziosi che la Conferenza abbia mai perseguito: quello di dar vita ad un regime di applicazione generale, a vocazione universale, sulla circolazione internazionale delle sentenze.
Lisistrata a Lampedusa: una riflessione sul caso Sea Watch 3
«Come posso sbagliare se obbedisco al mio stesso comando?», si domanda Creonte, al culmine della sua autoreferenzialità. In ciò l’avversario di Antigone assomiglia un poco al Ministro dell’Interno Salvini, il quale non si capacita del fatto che i suoi decreti in materia di ordine pubblico e sicurezza non siano pacificamente assunti quale metro della legalità. In effetti, la forza degli editti dell’antico sovrano di Tebe non conosceva limiti formali di sorta, né Antigone, obiettore extra ordinem, intendeva trarne dalla legge non scritta cui era devota. Quello di Salvini, tuttavia, non è un potere creonteo. Bisogna ricordarlo? Nel moderno Stato costituzionale, il comando del legislatore, o del Governo, non è la sola fonte del diritto, né la più alta. Perciò, benché il Ministro dell’Interno si atteggi a paladino della legalità, del diritto egli fa un uso spregiudicato: il discutibile ricorso alla decretazione di urgenza, la svalutazione degli obblighi internazionali e degli atti giudiziari che li evocano, l’uso disinvolto di qualificazioni giuridiche impegnative come «atto di guerra», «omicidio», ecc. (cfr. qui, qui, qui e qui). Il suo atteggiamento è quindi antitetico rispetto alla cieca, tragica adesione di Creonte al diritto della polis. Salvini, del resto, somiglia poco a Creonte anche dal punto di vista temperamentale.
Il lato positivo: Commissione c. Polonia e l’inizio di una fase per la tutela dello stato di diritto nell’Unione Europea
Per un lungo periodo, le risposte dell’Unione europea alle cosiddette ‘crisi costituzionali’ sono state generalmente considerate insufficienti e inefficaci: le istituzioni non hanno saputo trovare risposte adeguate al consolidamento del potere nelle mani di Viktor Orban e Fidesz in Ungheria e alla ‘cattura’ dell’ordinamento giudiziario polacco da parte della maggioranza di governo. Solo negli ultimi mesi, con l’attivazione delle procedure dell’articolo 7(1) TUE, prima da parte della Commissione, nei confronti della Polonia, e poi da parte del Parlamento europeo, nei confronti dell’Ungheria, l’Unione ha finalmente dimostrato la volontà di prendere una posizione più decisa; ma anche queste iniziative hanno avuto un peso più significativo sul piano simbolico che su quello concreto, e non hanno prodotto un cambiamento sostanziale delle politiche dei due Stati membri.
Ci sono però finalmente notizie positive. La recente decisione della Corte di Giustizia nella procedura di infrazione riguardante parte delle riforme del sistema della Corte Suprema polacca dimostra come l’Unione europea possa essere incisiva, qualora agisca in modo deciso, puntuale e ben coordinato, sfruttando al pieno le possibilità previste dai Trattati, come già accaduto della pronuncia della Corte sul caso delle ‘foreste polacche’ e nelle due ordinanze cautelari che hanno preceduto la decisione finale nel caso della Corte Suprema. Nella sentenza del 24 giugno 2019, la Corte di Giustizia ha riscontrato una violazione dell’articolo 19 TUE rispetto a entrambi i profili contestati dalla Commissione: da un lato, la Corte ha concluso che la decisione di ridurre l’età pensionabile dei giudici della Corte Suprema lede il principio dell’inamovibilità del giudice; dall’altro, la facoltà accordata al Presidente della Repubblica di concedere ai giudici di continuare il loro mandato viola l’aspetto ‘esterno’ del principio di indipendenza dei giudici (sulla distinzione tra l’aspetto esterno e quello interno, si veda il caso Wilson).
L’intervento della Commissione e della Corte nel caso della Corte Suprema polacca, come si vedrà, ha già prodotto risultati concreti, e una serie di altre procedure già aperte offriranno nuove opportunità di tutelare lo stato di diritto in Polonia e nell’Unione. La nuova giurisprudenza sull’articolo 19 TUE, se inquadrata nel quadro complessivo dei recenti sforzi compiuti dalle istituzioni europee, potrebbe quindi segnare l’inizio di una nuova, più positiva, fase di tutela dei valori fondamentali europei.
Quello che le norme non dicono. Le ambiguità del decreto sicurezza-bis, la gestione dei flussi migratori e l’Europa che verrà
Il 15 giugno 2019 è entrato in vigore un nuovo Decreto-legge, il n. 53 del 14 giugno 2019, recante “Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”, in G.U. serie generale n. 138 del 14 giugno 2019, disponibile qui). Pur adottato con la tecnica della decretazione d’urgenza, alla quale siamo ormai adusi, l’atto contiene disposizioni molto eterogenee, che spaziano dall’introduzione di specifiche circostanze aggravanti per reati commessi nel corso di manifestazioni sportive, all’inasprimento e ampliamento della fattispecie del reato di bagarinaggio, ed altre ancora. Tralasciando l’analisi delle disposizioni più pregnanti del Capo I del Decreto, “Disposizioni urgenti in materia di contrasto all’immigrazione illegale e di ordine e sicurezza pubblica”, che modificano il testo unico sull’immigrazione, incidono sull’applicazione di Convenzioni internazionali come la Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare e saranno opportunamente oggetto di un post separato, ne rinveniamo altre che pongono interrogativi importanti e, come si vedrà, presentano numerosi profili di un certo interesse per il diritto internazionale e quello dell’Unione europea. Si tratta di norme le quali – pur incidendo, prima facie, solo in maniera riflessa sulla disciplina della condizione giuridica dello straniero, come è noto oggetto di una “doppia” (o rinforzata) riserva di legge ai sensi dell’art. 10, comma secondo, della Costituzione – sollevano questioni tecniche di cui si tenterà di dar conto ma alle quali non è facile, allo stato, dare una risposta esaustiva.
TUTELA DELLA SICUREZZA O VIOLAZIONE DEL DIRITTO DEL MARE?
Il giorno 14 giugno 2019 il governo italiano ha adottato il “Decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”. Il testo solleva vari problemi, già affrontati da post su questo e su altri blog, ma tra di essi è sicuramente di rilievo la questione della liceità delle misure nei confronti di navi che intendano entrare nel mare territoriale italiano, anche alla luce delle vicende di questi giorni, che coinvolgono la nave Sea Watch 3.
Verso il superamento dell’ergastolo ostativo: gli effetti della sentenza Viola c. Italia sulla disciplina delle preclusioni in materia di benefici penitenziari
L’affermazione delle garanzie individuali nel sistema penale è sempre l’effetto di un processo che si sviluppa per gradi, complice la diversa sensibilità nella interpretazione delle norme di fonte legislativa, il loro contestualizzarsi rispetto ai mutamenti sociali e culturali, la valorizzazione delle garanzie costituzionali e sovranazionali, il diverso apprezzamento nel contemperamento degli interessi in campo. Il sistema sanzionatorio penale costituisce un osservatorio privilegiato per apprezzare questo processo di sviluppo: è sufficiente mettere a confronto le posizioni assunte dalla Corte costituzionale all’inizio del suo operare e quelle assunte di recente sulla disciplina delle pene per comprendere quanto profonda sia la distanza nella sensibilità culturale e giuridica che è alla base delle pronunce (si pensi, tanto per richiamare due pronunce citate dalla Corte EDU nella sentenza qui oggetto di riflessione, alle sent. n. 12/1966 e 149/2018). Ci sono, però, anche momenti che, pur preparati dalla evoluzione pregressa nella interpretazione delle norme, costituiscono momenti di cesura, capaci di segnare svolte importanti nelle scelte di politica sanzionatoria. A questi momenti appartiene la sentenza della Corte europea nel caso Viola c. Italia del 13 giugno scorso, nella quale i giudici della I Sezione dichiarano che sussiste la violazione dell’art. 3 CEDU (divieto di trattamenti inumani e degradanti) nella disciplina del combinato disposto degli artt. 4-bis e 58-ter ord. penit., nella parte in cui subordina la concessione della liberazione condizionale, ai condannati alla pena dell’ergastolo per uno dei delitti di cui al comma 1 dell’art. 4-bis cit., alla collaborazione con l’autorità giudiziaria (per un primo commento della sentenza si veda Mauri su questo blog).
NESSUNA SPERANZA SENZA COLLABORAZIONE PER I CONDANNATI ALL’ERGASTOLO OSTATIVO? UN PRIMO COMMENTO A VIOLA c. ITALIA
Diego Mauri, Università degli Studi di Firenze Lo scorso 13 giugno 2019, la Corte europea dei diritti dell’uomo (d’ora in avanti: Corte EDU) ha reso la propria decisione nel caso Viola c. Italia (ricorso n. 77633/16), con una sentenza che molti attendevano e in quale avevano riposto – non ingiustamente,
Ritorno di Anzilotti
Il testo qui riprodotto è stato letto a Roma il 4 giugno 2019, nella sede del CNR, durante la tavola rotonda dal titolo «Gli effetti delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo sul giudicato nazionale», organizzata dai gruppi di interesse DIEDI e DIEDU in occasione del XXIV Convegno nazionale della Società italiana di Diritto internazionale e di diritto dell’Unione europea (SIDI). Micaela Frulli ha interpretato Dionisio Anzilotti donando al testo una vivacità che non avrei saputo nemmeno immaginare. È stato un piacere farle da spalla. Le sue battute sono in tondo, le mie in corsivo. Ho udito che della performance esiste più di un bootleg. Il testo è qui corredato da una nota metodologica e bibliografica.
Buon pomeriggio a tutti. Il XXIV Convegno nazionale della SIDI si celebra nel segno di Dionisio Anzilotti, Maestro venerato da tutti gli internazionalisti, italiani e non, «mostro sacro del diritto internazionale», così lo definì Roberto Ago. Non solo il titolo del convegno riprende quello della monografia anzilottiana del 1905; la presentazione dell’evento – che cita l’esordio di quel libro vecchio più d’un secolo, dove un Anzilotti trentottenne si spaurava davanti alla «nebulosità e incertezza che ancora avvolgono le premesse sistematiche e le stesse basi del diritto internazionale» – fa pensare, rileggetela, a un’invocazione di quello Spirito Magno: «Torna, o Dionisio, perché più d’un secolo dopo la situazione, in fondo, non è cambiata».
Maestro, grazie di aver risposto all’invocazione della SIDI.
Ci mancherebbe, anzi grazie a voi, ché le vostre preci devono aver dischiuso un passaggio tra il mondo sublunare e quello mio. Sa, le due sfere, quella di questo e quella dell’altro mondo (indica il cielo), son nettamente separate, sì che in verun caso si sovrappongono.