Prime osservazioni sull’accordo di delimitazione tra Grecia e Italia del 9 giugno 2020
Irini Papanicolopulu, Università di Milano-Bicocca Il 9 giugno 2020 il Ministro degli esteri dell’Italia, Luigi Di Maio, in visita ufficiale ad Atene, ha firmato un accordo con la Grecia per la delimitazione della zona economica esclusiva tra i due Stati nel mare Ionio. L’accordo, definito storico dai media greci (si veda
A “FORMALISTIC” APPROACH TO JURISDICTION IN THE EUROPEAN COURT OF HUMAN RIGHTS’ DECISION ON HUMANITARIAN VISAS: WAS ANOTHER INTERPRETATION POSSIBLE?
A long awaited decision of the European Court of Human Rights (ECtHR), one that will be discussed for long (see already here, here and here), has not disappointed all the European governments whose efforts are aimed to strengthen border controls on migrants, including asylum claimants. With the decision in the case of M.N. and Others v. Belgium (no. 3599/18), the ECtHR has adopted a self-restraint approach that creates an additional obstacle for those asylum claimants who would rely on international human rights law obligations as the only possible way of avoiding dangerous, sometimes deadly, journeys in order to submit an asylum application in Europe. The ECtHR concluded that States Parties to the European Convention on Human Rights (ECHR) do not have any obligation to issue humanitarian visas because the ECHR does not apply in the context of proceedings initiated by individuals through diplomatic representations of a State Party, with which such individuals have no connecting ties like nationality or which does not exercise any sort of physical control (more generally on Article 1 ECHR, see Besson and Milanovic). Whereas some readers may find it unsurprising, in light of recent case law (e.g. Grand Chamber, N.D. and N.T. v. Spain, nos. 8675/15 and 8697/15; and Ilias and Ahmed v. Hungary, no. 47287/15) as well as the CJEU’s findings on the same matter from a EU law perspective (X and X v. Belgium, C-638/16 PPU), other readers may qualify the ECtHR’s approach based on the lack of jurisdiction as ‘formalist’ or ‘ineffective’. This is particularly the case when the reasoning adopted by the ECtHR is compared with recent developments occurred not only within its case law but also with positions adopted by universal human rights bodies attempting to expand the applicability of human rights treaties, including via a ‘non-formalistic’ approach (Committee on the Elimination of Racial Discrimination, 12 December 2019, no. CERD/C/100/5, para. 3.44).
Alcune questioni dell’emergenza COVID-19 in Italia in un’ottica di International Disaster Law (Parte II)
Oltre alle questioni affrontate nel precedente contributo (v. qui) relative agli obblighi di prevenzione/preparazione alle pandemie e all’eventuale obbligo di assistenza per l’Italia, l’emergenza COVID-19 ha altresì attirato l’interesse dell’opinione pubblica e della stampa italiana rispetto a due ulteriori questioni, relative all’impiego di medici stranieri nell’emergenza e alle polemiche connesse all’invio di personale militare di soccorso da parte della Russia, che presentano anche dei rilievi giuridici, qui di seguito affrontati.
Alcune questioni dell’emergenza COVID-19 in Italia in un’ottica di International Disaster Law (Parte I)
La crisi innescata dal COVID-19 ha confermato come i disastri (sul soddisfacimento dei criteri utilizzati nelle definizioni giuridiche di disastro relativamente a questo contesto vedi qui e, in generale, qui) rappresentano una delle principali problematiche per la Comunità internazionale, sollevando molteplici interrogativi anche di tipo giuridico. Alcuni aspetti, specificatamente connessi al contesto italiano, possono essere qui discussi, secondo un’agenda eterogenea connessa alle questioni che hanno maggiormente attirato l’attenzione dell’opinione pubblica e della stampa. In questo primo post ci soffermeremo: (a) sulle misure di preparazione e prevenzione che potevano attendersi rispetto alla pandemia; (b) e sul presunto dovere di assistenza verso l’Italia. Successivamente l’attenzione verterà (c) sull’impiego di medici stranieri nell’emergenza e (d) sulle polemiche connesse all’invio di personale militare di soccorso da parte della Russia.
Rispetto a queste problematiche inerenti all’Italia si possono offrire alcuni spunti di riflessione anche alla luce degli strumenti connessi al cd. International Disaster Law (d’ora in avanti IDL; su questo ambito di ricerca vedi, ad esempio, qui e De Guttry, Gestri e Venturini), specie in considerazione della stretta interrelazione che questo settore richiede fra input internazionali ed europei e misure da adottarsi a livello nazionale di vario tipo (istituzionali, normative ed operative), per prevenire, mitigare e rispondere a situazioni di disastro.
Il monito della Corte costituzionale tedesca sul futuro del processo di integrazione europea
La sentenza della Corte costituzionale tedesca dello scorso 5 maggio sul Public Sector Purchase Programme (PSPP) ha sollevato reazioni estremamente negative da parte di molti commentatori (per un riferimento alle varie posizioni v. De Sena, D’Acunto), che ne hanno messo in luce i potenziali effetti devastanti sul processo di integrazione europea e sulle misure in discussione in questi mesi per far fronte alle conseguenze economiche della crisi sanitaria in corso. Le stesse istituzioni dell’Unione hanno fatto muro contro il Bundesverfassungsgericht: la BCE dichiarando che la sentenza in questione non avrà influenza sulle sue decisioni e sui suoi programmi di acquisto di titoli, la Corte di giustizia ricordando di essere l’unico organo competente in via esclusiva a sindacare la compatibilità degli atti delle istituzioni con il diritto dell’Unione, e la Commissione europea addirittura minacciando di presentare un ricorso per infrazione contro la Germania.
La Cina deve risarcire i danni transnazionali da Covid-19? Orizzonti ad oriente
La pandemia causata dal Covid-19 ha creato danni incalcolabili alla vita ed all’economia di molti Paesi nel mondo. Gli Stati Uniti tornano ciclicamente ad accusare unilateralmente la Cina di essere all’origine del virus e responsabile della sua diffusione. E la reazione di altri Governi e di altrettanti giuristi appare, in questo momento, di grande interesse per gli internazionalisti giacché in tale dibattito emergono, in mezzo alle proposte più stravaganti, diversi profili interessanti. Nei giorni scorsi di quarantena, col Prof. Carrascosa Gonzalez (v. il suo blog Accursio) abbiamo dialogato su questo tema, sicché sono lieto di offrire ai lettori del blog SIDI alcune note e pensieri del mio taccuino. Desidero articolarli secondo due orizzonti di riflessione strettamente collegati giacché toccano, sia dei profili di diritto internazionale “pubblico” (I), che di diritto internazionale privato e processuale (d.i.pr.) (II).
Alle fondamenta dell’inviolabilità dei membri del Parlamento europeo: il caso Junqueras
Ai sensi degli artt. 8 e 9 del Protocollo (n. 7) sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, i membri del Parlamento europeo beneficiano di un’immunità che si declina nelle due forme di tutela generalmente riconosciute dagli Stati membri ai propri parlamentari nazionali, vale a dire l’insindacabilità delle opinioni e dei voti espressi nell’esercizio delle proprie funzioni e l’“inviolabilità” dinanzi ai procedimenti giudiziari (tra molte, sent. 21 ottobre 2008, C-200/07 C-201/07, p. 24). Ed è su questo secondo profilo che la Corte di giustizia dell’Unione europea è stata chiamata a pronunciarsi nell’ambito della propria competenza pregiudiziale con la sentenza del 19 dicembre 2019, C-502/19.
La Corte di Karlsruhe, il mito della “neutralità” della politica monetaria e i nodi del processo di integrazione europea
1. Tutti, o quasi tutti gli interventi sinora apparsi sulla sentenza della Corte costituzionale tedesca nel caso Weiss (sulla quale, per un primo commento, v., Cafaro) ne hanno sottolineato, sia pure con diversa tonalità, gli aspetti negativi, concernenti sia gli sviluppi del diritto dell’Unione europea, che quelli dell’azione dell’Unione stessa, e dei suoi Stati, in ordine all’emergenza sanitaria in corso e alle sue conseguenze economiche. In particolare, si è posta in evidenza l’illecita, mancata esecuzione della pronuncia Weiss della Corte di giustizia; la sua idoneità a far da battistrada a una pericolosa frammentazione dell’ordinamento dell’Unione – fra le altre cose – ad opera delle corti supreme dei Paesi europei a democrazia “illiberale” (Poiares Maduro); l’interferenza – per quanto mediata – nell’azione della Banca centrale europea e l’incidenza potenzialmente negativa, nel prossimo futuro, sull’azione della Banca stessa, nel perseguimento dei suoi obbiettivi statutari, specialmente sul terreno della difesa della moneta unica nell’attuale quadro di emergenza (ancora Poiares Maduro); la sottovalutazione della nozione di democrazia europea, rispetto a quella ricavabile dall’ordinamento costituzionale tedesco, la scarsa consapevolezza del proprio ruolo da parte dei giudici di Karlsruhe, la natura “politica” della decisione (Caravita, Condinanzi, Morrone, Poggi). A nostro avviso, il giudizio in questione può essere “letto” anche in un’ottica diversa; e cioè, per la capacità, che esso oggettivamente esprime, di far emergere, e con estrema chiarezza, una delle tensioni di fondo del processo di integrazione europea, così come questo si è andato definendo nei suoi assunti giuridici di base, a partire dal Trattato di Maastricht.
L’App italiana di contact tracing alla prova del GDPR: dall’habeas data al ratchet effect il passo è breve?
[N]on tutto ciò che è tecnologicamente possibile è anche socialmente desiderabile, eticamente accettabile e giuridicamente legittimo» (Rodotà, 2004). Le parole dell’allora Garante italiano per la protezione dei dati personali Stefano Rodotà risultano particolarmente calzanti rispetto all’istituzione in Italia, per mezzo del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, di una piattaforma unica nazionale per la gestione di un sistema di allerta COVID-19 per tutti coloro che installeranno l’app ‘Immuni’ (Ordinanza n.10/2020 del Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19).
Alcune osservazioni sulle app di tracciamento dei contatti e dei contagi alla luce del diritto dell’Organizzazione Mondiale del Commercio
Già da qualche tempo i c.d. big data e l’intelligenza artificiale sono utilizzati per migliorare la qualità dei servizi nel settore pubblico e privato. Per quanto concerne il primo, essi, difatti, possono essere favorevolmente sfruttati da Stati e organizzazioni internazionali per programmare e valutare attività e interventi, e rappresentare un importante strumento di governance: e il settore sanitario è da sempre, in questo senso, uno dei più coinvolti (si veda, ad esempio, il caso del progetto Global Pulse delle Nazioni Unite).
Neppure il tracciamento delle epidemie umane mediante tali strumenti è una novità: applicazioni per seguire il movimento dei contagi sono state efficacemente utilizzate in occasione delle pandemie influenzali e, ancora di più, nel caso di Ebola. Sotto il profilo della sperimentazione, poi, nel Regno Unito, nel 2018, la BBC4 aveva lanciato, assieme ad alcune Università, un programma che provava a tracciare il modo in cui si sarebbe potuto muovere un virus “simulato” mediante una app (“Pandemic”) installata sugli smartphone di gruppi di volontari. Ne fu tratto anche un documentario, ora disponibile online, intitolato “Contagion”.