Unione europea e flussi migratori, o del tramonto dello spirito comunitario: considerazioni a margine del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2018
All’esito di una lunga maratona negoziale, preceduta da aspre scaramucce dialettiche tra gli Stati membri e da un pre-vertice tenutosi nella capitale belga la domenica precedente, il Consiglio europeo del 28-29 giugno ha adottato alcune Conclusioni sulle migrazioni. Il documento finale pretende di offrire un quadro di riferimento per l’azione dell’UE in materia per i mesi e gli anni a venire, integrando precedenti conclusioni tematiche approvate in occasione delle riunioni succedutesi con una certa frequenza a partire dalla primavera del 2015. Per questo motivo esso tocca svariate questioni. Non torneremo qui sulle attività di ricerca e soccorso in mare operate dalle imbarcazioni delle ONG e sul controverso rapporto tra l’Italia e Libia in materia di prevenzione dei flussi migratori irregolari, su cui rinviamo al recente post di Vitiello. Ci occuperemo piuttosto di due aspetti affrontati nelle conclusioni, che sono entrambi sintomatici della persistente difficoltà di orientare lo sviluppo della politica UE sulle migrazioni secondo linee coerenti con il dettato del diritto primario (e in particolare con l’art. 80 TFUE): l’ipotesi di condurre le persone soccorse in mare in hotspot collocati in Paesi terzi o sul territorio UE; la riforma del sistema Dublino.
The Reform of the Dublin System and the First (Half) Move of the Commission
The debate over the contents and the effects of the so-called Dublin System (currently enshrined in the Regulation Dublin III and in the Regulation Eurodac II) gained momentum in the last years, due to the effects of the dramatic events taking place close to the EU’s borders. Especially in 2015, the EU supranational institutions (see the Commission’s Agenda on Migration, at 15, and the European Parliament’s Resolution of 29 April 2015, among others) and the Member States meeting in the European Council (see the Conclusions of 15 October 2015, para. 3) could not avoid to admit that the time for seriously reconsidering some aspects of this system had finally come.
In particular, the points felt to be worth of discussion are: i) the definition of the criteria of allocation of the competence to receive and treat an asylum claim; ii) the effects that they produce on front line States and other States; and iii) the overall question of the fairness of the system in the view of an equitable burden sharing among Member States, according to Article 80 TFEU. On these and other controversial issues, the intergovernmental level proved much more emphatic than resolute and witnessed some dramatic confrontations (see for instance Di Bartolomeo; Carrera & Gros; Labayle & de Bruycker; Maiani; Pastore; Roman; Zorzi Giustiniani).
A recent document issued by the Commission offers the possibility to put forward some remarks about the ability of this supranational institution to give a real contribution to a complicated debate, where much of the credibility of the EU as a governance actor is at stake.