Lisistrata a Lampedusa: una riflessione sul caso Sea Watch 3
«Come posso sbagliare se obbedisco al mio stesso comando?», si domanda Creonte, al culmine della sua autoreferenzialità. In ciò l’avversario di Antigone assomiglia un poco al Ministro dell’Interno Salvini, il quale non si capacita del fatto che i suoi decreti in materia di ordine pubblico e sicurezza non siano pacificamente assunti quale metro della legalità. In effetti, la forza degli editti dell’antico sovrano di Tebe non conosceva limiti formali di sorta, né Antigone, obiettore extra ordinem, intendeva trarne dalla legge non scritta cui era devota. Quello di Salvini, tuttavia, non è un potere creonteo. Bisogna ricordarlo? Nel moderno Stato costituzionale, il comando del legislatore, o del Governo, non è la sola fonte del diritto, né la più alta. Perciò, benché il Ministro dell’Interno si atteggi a paladino della legalità, del diritto egli fa un uso spregiudicato: il discutibile ricorso alla decretazione di urgenza, la svalutazione degli obblighi internazionali e degli atti giudiziari che li evocano, l’uso disinvolto di qualificazioni giuridiche impegnative come «atto di guerra», «omicidio», ecc. (cfr. qui, qui, qui e qui). Il suo atteggiamento è quindi antitetico rispetto alla cieca, tragica adesione di Creonte al diritto della polis. Salvini, del resto, somiglia poco a Creonte anche dal punto di vista temperamentale.