La Corte di giustizia si pronuncia sul requisito della condivisione degli oneri relativi agli aiuti di Stato alle banche: una “legittimazione” del bail-in?
Come è noto, per contrastare la crisi economico-finanziaria che ha colpito l’Unione europea ed i suoi Stati membri a partire dal 2007, è stato necessario, in molti casi, introdurre modifiche alla disciplina vigente, o addirittura mettere in atto veri e propri “cambi di paradigma”. Un esempio emblematico, in tal senso, è costituito dal settore bancario e finanziario, che è stato oggetto, nel volgere di pochi anni, dapprima di specifiche deroghe alla normativa dell’Unione sugli aiuti di Stato e, successivamente, di una serie di riforme volte alla creazione di un’unione bancaria. Le prime sono state concesse dalla Commissione europea ai sensi dell’art. 107, par. 3, lett. b), TFUE – che consente di considerare compatibili con il mercato interno «gli aiuti destinati […] a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro» – sulla scorta di varie comunicazioni (c.d. crisis communications), la più recente delle quali è la comunicazione relativa all’applicazione, dal 1° agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria (di seguito, la “comunicazione sul settore bancario” o la “comunicazione del 2013”). L’Unione bancaria, invece, è stata realizzata (rectius, è in corso di realizzazione) mediante l’adozione di atti di diritto derivato, con l’obiettivo di rendere il settore finanziario maggiormente solido, sicuro ed affidabile, anche attraverso la risoluzione delle banche economicamente non sostenibili, senza aggravi per le finanze pubbliche e con il minimo impatto sull’economia reale (il c.d. burden sharing, poi evoluto nel bail-in).