La protezione dello Stato di diritto nell’Unione europea ai tempi del Coronavirus: se non ora, quando?
Il post di Simone Benvenuti illustra con grande lucidità le ricadute sulla tutela dello Stato di diritto derivanti dall’adozione della legge organica ungherese n. 12, del 30 marzo 2020, relativa alla protezione contro il Coronavirus. Si tratta di misure abnormi, che non possono certo esser fatte rientrare nel novero delle decisioni che gli Stati dell’Unione sono legittimati ad adottare, in situazioni di emergenza, per derogare all’applicazione del diritto sovranazionale. De Sena ne delinea poi le criticità alla luce della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
In effetti, tali misure, che vanno a sommarsi ad una serie di riforme introdotte nel Paese europeo a partire dal 2011 – l’ultima delle quali, sostanzialmente contestuale alla legge del 30 marzo, volta a proibire la registrazione sui documenti di identità del cambio di sesso –, sembrano dar corpo in via definitiva (o quanto meno per un periodo di tempo indefinito) a quel modello di democrazia illiberale promosso con forza da Viktor Orbán, ponendosi così in netto contrasto con l’impianto valoriale su cui si fonda l’Unione europea (art. 2 TUE).
È dunque opportuno compiere alcune considerazioni sulle conseguenze che rispetto ad esse dovrebbero determinarsi sul piano sovranazionale.
Il labirinto delle linee rosse, ovvero: chi giudicherà la Brexit?
Mentre viene definendosi l’iter che dovrebbe portare, salvo sorprese, all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea (UE), risulta sempre più evidente che una delle questioni principali sulla quale si concentreranno i negoziati sulla conclusione dell’Accordo di recesso sarà quella relativa all’individuazione della giurisdizione competente a risolvere le eventuali controversie tra le Parti contraenti sull’interpretazione ed applicazione dell’Accordo medesimo.
In effetti, si tratta di un aspetto non di poco conto se si considera che l’Accordo di recesso dovrebbe definire, tra l’altro, le modalità di adempimento, da parte del Regno Unito, degli obblighi finanziari che esso ha assunto durante la sua partecipazione all’Unione (si parla, al riguardo, di una exit bill che potrebbe sfiorare i 60 miliardi di euro), oltre che la gestione dei diritti acquisiti da singoli (in particolare dai cittadini europei) alla luce del diritto UE.
AAA cittadinanza dell’Unione vendesi
La cittadinanza europea: un Giano bifronte innanzi alla crisi Uno degli istituti di diritto UE sui quali l’attuale crisi economico-finanziaria ha impattato più pesantemente è senza dubbio rappresentato dalla cittadinanza europea. Complice anche lo scadere del periodo transitorio previsto per la libera circolazione dei lavoratori rumeni e bulgari (esauritosi il
La tutela della rule of law nell’Unione europea ai tempi della crisi
Abbiamo già avuto modo di commentare in un precedente post pubblicato in questo Blog quale sia stato l’approccio assunto dall’Unione europea nei confronti delle recenti riforme costituzionali introdotte in Ungheria, riforme ritenute da più parti in contrasto con taluni dei valori fondanti dell’Organizzazione elencati nell’art. 2 TUE. Non intendiamo tornare
L’Unione europea e la “questione ungherese”: taking rights seriously?
L’11 marzo 2013 il Presidente della Commissione europea e il Segretario generale del Consiglio d’Europa hanno adottato uno statement congiunto, relativo al IV emendamento alla costituzione ungherese, nel quale si esprime forte preoccupazione circa la compatibilità della novella costituzionale col principio dello Stato di diritto. In base a tale emendamento,