Stickydiritto dell'Unione europeadiritto internazionale pubblico

Il Vaiolo delle scimmie è un’Emergenza di sanità pubblica di rilievo internazionale: alcune considerazioni sulla prassi dell’OMS e sul futuro strumento per la lotta alle pandemie

Alessio Azzariti (Università degli Studi di Palermo; Visiting Researcher presso Max Planck Institute for Comparative Public Law and International Law)

Il Vaiolo delle scimmie è un virus trasmesso agli uomini dagli animali (c.d. zoonosi), in genere da roditori e primati non umani; è stato identificato per la prima volta nella Repubblica Democratica del Congo nel 1970, in un bambino di 9 mesi. Tale malattia è tipica delle zone adiacenti alle foreste pluviali e tropicali dell’Africa centrale ed occidentale (qui).

Il 23 luglio 2022 il Direttore generale (“DG”) dell’Organizzazione mondiale della Sanità (“OMS”) ha dichiarato, ai sensi dell’art. 12 del Regolamento sanitario internazionale (“RSI”), che lo scoppio dell’epidemia di Vaiolo delle scimmie costituisce un’Emergenza di sanità pubblica di rilievo internazionale (“ESPRI”) (qui). Questa è la settima volta che avviene una siffatta determinazione, infatti i precedenti erano stati: influenza H1N1, 2009; Polio, 2014; Ebola, 2014; virus Zika, 2016; Ebola, 2019; COVID-19, 2020. Non è mai stata dichiarata una ESPRI, nonostante una riunione del Comitato di Emergenza, nei seguenti casi: MERS, 2013; Febbre gialla, 2016; Ebola, 2018 (Wenham e altri). Nella stessa data, inoltre, il DG ha emesso, ai sensi dell’art. 15 del RSI anche le raccomandazioni temporanee connesse a tale dichiarazione (qui). Da quanto dichiarato dal Segretariato dell’OMS al Comitato d’Emergenza (ivi), i casi di Vaiolo delle scimmie accertati nel 2022 alla data del 20 luglio, sono stati 14.533 in 72 Paesi, in aumento rispetto ai 3.040 in 47 Paesi di inizio maggio dello stesso anno. Nello stesso report si afferma, inoltre, che la maggior parte dei casi è stato riportato da Paesi della regione Europea e da Paesi della regione delle Americhe, nonché che la trasmissione del virus stia avvenendo in Stati che non avevano previamente riportato casi della malattia. Il documento poi precisa che la grande maggioranza dei casi di Vaiolo delle scimmie colpisce gli uomini, in particolare coloro che si autoidentificano come gay, bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini (c.d. MSM). La manifestazione clinica consiste generalmente in quella che si definisce come ‘malattia autolimitata’, ossia una malattia che si risolve senza necessità di specifico trattamento (qui) e la cui sintomatologia consiste in lesioni cutanee localizzate che non si diffondono e compaiono prima di altri sintomi quali febbre, linfoadenopatia, malessere, etc. La malattia ha un periodo di incubazione di 7-10 giorni ed i sintomi durano dalle due alle quattro settimane. Nel report si afferma, inoltre, che sulla base di uno studio compiuto dall’European Centre for Disease Prevention and Control (“ECDC”) e dall’European Health Emergency Response Authority (“HERA”) che l’isolamento e il tracciamento dei contatti infetti dovrebbero essere sufficienti a tenere l’epidemia sotto controllo, ma che ciò è di difficile operatività. Tale studio precisa altresì che la vaccinazione di individui ad alto rischio di esposizione potrebbe essere una strategia attuabile, ma che i dati relativi all’efficacia del vaccino contro il Vaiolo delle scimmie al momento rimangono limitati. In questo post, senza pretesa di esaustività, ci si occuperà di analizzare dapprima il quadro giuridico rilevante dell’OMS e del RSI in tema di ESPRI.  Poi ci si soffermerà sulla ESPRI relativa al Vaiolo delle scimmie e si sottolineeranno alcuni elementi di novità che essa contiene. Alla luce del caso analizzato, si porranno alcune valutazioni riguardanti il ruolo delle ESPRI rispetto alla struttura dell’OMS e agli obblighi statali. Infine, si svilupperanno alcuni spunti di riflessione in vista del futuro strumento giuridico per la lotta alle pandemie attualmente in discussione (qui).

Prima di procedere all’analisi della dichiarazione e alle norme sostanziali di riferimento, si ritiene necessario un accenno al relativo quadro istituzionale e procedimentale. Quando si discute di una ESPRI il testo di riferimento è il RSI del 2005, entrato in vigore nel 2007 (qui). Il potere normativo dell’Assemblea mondiale della sanità di emettere regolamenti è disciplinato ai sensi degli artt. 21 e 22 della Costituzione dell’OMS. Un regolamento è immediatamente vincolante a partire dalla sua notifica agli Stati membri, cui è accordato però un periodo di tempo dalla notifica per formulare delle riserve o rigettarne il contenuto, tanto che qualche autore l’ha definito un atto di natura sui generis, in quanto avente caratteri similari a quelli di un trattato senza però formalmente esserlo (Spagnolo, p. 3). Il RSI vincola 194 Stati parte dell’OMS, nonché Lichtenstein e Santa sede, per un totale di 196 Stati. Tale strumento di per sé richiede una maggioranza semplice degli Stati presenti e votanti per essere approvato, sulla base del fatto che la Costituzione dell’OMS non indica esplicitamente la maggioranza richiesta per la sua adozione (per un parere concorde che sembra supportato dalla prassi, Burci, Vignes, p. 132; in termini contrari invece von Bogdandy, Villareal, p. 4). La Costituzione tuttalpiù richiede una maggioranza qualificata di due terzi per le ‘questioni importanti’ che non vengono di per sé definite dalla Costituzione OMS e che devono includere l’adozione di convenzioni, nonché l’adozione di accordi con le Nazioni Unite o altre organizzazioni o agenzie (Costituzione OMS, Art. 60, lett. a). Inoltre, possono essere deliberate con una maggioranza dei due terzi anche quelle questioni per le quali ciò sia stato stabilito da un precedente voto a maggioranza semplice (Costituzione OMS, Art. 60, lett. b).

Una ESPRI è definita all’art. 1 RSI come «un evento straordinario che […] possa: (i) costituire un rischio per la sanità pubblica in altri Stati a causa della diffusione internazionale della malattia, e (ii) richiedere potenzialmente una risposta internazionale coordinata». Alla base della definizione, quindi, sta il principio di precauzione; essa è, infatti, qualsiasi evento ‘straordinario’ che avviene sul territorio di uno Stato e che ha il potenziale di colpire anche altri Stati, senza alcuna certezza che poi l’evento transfrontaliero si verifichi. Tale definizione richiede una valutazione prognostica, che potrebbe non essere di facile applicazione. Il RSI pone come base per individuare tale tipologia di eventi, i sistemi di sorveglianza nazionale (RSI, art. 5). Esso poi prevede la notifica dello Stato all’OMS, entro 24 ore dalla valutazione che lo stesso Stato compie delle informazioni di salute pubblica raccolte, di quegli eventi che esso ritiene possano potenzialmente costituire una ESPRI (RSI, art. 6). Il RSI poi prevede la condivisione con l’OMS delle informazioni raccolte (RSI, art. 7) e la reciproca consultazione sulle misure appropriate da intraprendere (RSI, art. 8). L’OMS può apprendere informazioni relative a tali eventi anche da fonti terze, non statali, rispetto al territorio dello Stato interessato dall’evento (RSI, art. 9) e deve procedere alla verifica di tali rapporti ‘terzi’ con lo Stato il cui territorio è interessato (RSI, art. 10). Tali informazioni sono poi funzionali alla determinazione di una ESPRI, tanto che le stesse non devono essere comunicate in modo generalizzato a tutti gli Stati fino a che non sia stata emessa una ESPRI (RSI, art. 11, par. 2, lett a).  Ipotesi che esonerano dall’obbligo di non divulgazione, invece, consistono nella conferma da parte dell’OMS della diffusione internazionale dell’infezione (RSI, art. 11 , par. 2, lett b), nonché nell’esistenza di prove che le misure di controllo abbiano scarsa possibilità di successo o che lo Stato parte interessato abbia scarse capacità di adottare le misure necessarie di contenimento (RSI, art. 11 , par. 2, lett c). Infine, ultima ipotesi di esonero, è che per la natura e l’ambito degli spostamenti internazionali di persone e beni non sia necessaria l’immediata applicazione di misure di controllo (RSI, art. 11 , par. 2, lett d).

L’art. 12 RSI stabilisce il quadro giuridico per la determinazione di una ESPRI. Esso al paragrafo 1 attribuisce al DG il compito di determinare, sulla base delle informazioni ricevute se l’evento costituisca una ESPRI sulla base dei criteri e delle procedure previste dal Regolamento. Se dopo la consultazione con lo Stato c’è accordo sul ritenere la sussistenza della ESPRI, egli deve consultare il Comitato d’Emergenza sulle raccomandazioni temporanee (RSI, art. 12, par. 2). Se non vi è accordo entro 48 ore e il DG ritiene sussistente una ESPRI, egli sulla base legale di cui all’art. 48 RSI, deve richiedere il giudizio di un Comitato di emergenza secondo la procedura di cui all’art. 49 RSI (RSI, art. 12, par. 3). Ai fini di determinare la medesima devono essere tenuti in considerazione i seguenti criteri: (a) le informazioni fornite dallo Stato Parte; (b) lo strumento decisionale contenuto nell’Allegato 2; (c) il parere del Comitato d’emergenza; (d) i principi scientifici nonché le prove scientifiche disponibili e le altre informazioni rilevanti; (e) una valutazione del rischio per la salute umana, del rischio di diffusione internazionale di malattie e del rischio di interferenza con il traffico internazionale (RSI, art. 12, par. 4). Sulla base di quanto descritto è quindi evidente che la determinazione da parte del DG di una ESPRI non determina obblighi in capo agli Stati. Tuttalpiù, nell’attesa di una sua determinazione, sussisterebbe un obbligo di ‘non-disclosure’ in capo all’OMS ai sensi dell’art. 11, par. 2, lett. a. delle informazioni ricevute dallo Stato coinvolto; ciò sempre che non ricorrano le altre condizioni, menzionate in precedenza, elencate dall’art. 11 RSI.

L’art. 48 RSI indica il quadro giuridico per dare applicazione a quanto previsto dall’art. 12 RSI. In particolare, ai sensi del paragrafo 1 del predetto articolo, il DG deve costituire un Comitato d’ emergenza che fornisca il proprio parere su «(a) il fatto che un evento costituisca o meno un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale; (b) il termine di un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale; e (c) la proposta di emanazione, modifica, estensione o cessazione di raccomandazioni temporanee». Il DG deve selezionare gli esperti all’interno del Registro di esperti RSI e, qualora lo ritenga appropriato, da altri gruppi consultivi dell’Organizzazione. La scelta deve avvenire su basi di competenza ed esperienza, rispettando un’equa distribuzione geografica. Inoltre, almeno un membro del Comitato dovrebbe essere nominato dallo Stato interessato dall’evento (RSI, art. 12, par. 2). Il DG su iniziativa propria o del comitato può nominare comunque uno o più tecnici esperti come consulenti (RSI, art. 12, par. 3).

L’art. 49 disciplina gli aspetti procedurali prevedendo che il DG convochi le riunioni in base ai settori di competenza ed esperienza più attinenti all’evento che si sta verificando e che esse possano svolgersi nella forma delle videoconferenze o delle comunicazioni elettroniche (RSI, art. 49, par. 1). Egli, inoltre, deve informare il Comitato dell’agenda di discussione e delle informazioni rilevanti, incluse quelle pervenute dallo Stato interessato nonché delle raccomandazioni temporanee che intende proporre (RSI, art. 49, par. 2). Il Comitato di emergenza elegge il suo presidente e prepara dopo ogni riunione un breve rapporto contenente i  verbali e le delibere adottati, incluso ogni consiglio relativo alle raccomandazioni (RSI, art. 49, par. 3). Il DG deve invitare lo Stato interessato a presentare la sua opinione sul punto e a tal fine lo deve informare con più anticipo possibile della riunione (RSI, art. 49, par. 4). L’opinione del Comitato d’emergenza deve essere inoltrata al DG che deve prendere la decisione finale sulle questioni (RSI, art. 49, par. 5). Il DG deve quindi comunicare la sua decisione (di inizio) e cessazione di una ESPRI, le misure attuate dallo Stato interessato, ogni raccomandazione temporanea e la modifica, estensione e cessazione di tali raccomandazioni, insieme all’opinione del Comitato. Il DG poi deve informare gli operatori di trasporto attraverso gli Stati parti e le agenzie nonché poi rendere pubbliche tali informazioni e raccomandazioni (RSI, art. 49, par. 6). Infine, gli Stati coinvolti dall’evento possono proporre la cessazione dell’ESPRI e/o delle raccomandazioni presentando un rapporto a riguardo (RSI, art. 49, par. 7).

La sessione del Comitato d’emergenza consultato dal DG relativamente alla diffusione internazionale del Vaiolo delle scimmie ha visto la presenza virtuale (in quanto avvenuto via Zoom) di 15 esperti (su 16) e di 10 (su 10) consulenti. In quest’ultima riunione la situazione epidemiologica ha visto limitati mutamenti rispetto alla riunione precedente di giugno. Si è verificato un aumento dei Paesi coinvolti per la prima volta, un incremento di casi in Africa centrale ed occidentale, nonché un aumento limitato del tasso di crescita complessivo della malattia. Sono stati segnalati alcuni casi gravi che includono cinque ricoveri in terapia intensiva e due decessi. È stato riportato un numero limitato di casi nelle ‘lavoratrici del sesso’ nonché in gruppi vulnerabili. Non è noto se vi sia stata una trasmissione dall’uomo agli animali. Il Comitato non è riuscito a trovare un consensus su una posizione comune. La riunione, che si è tenuta a ‘porte chiuse’, ha visto 9 esperti con posizione contraria alla dichiarazione di una ESPRI e 6 esperti con posizione favorevole; il DG ha comunque ritenuto di procedere a dichiarare una ESPRI (qui). E’ la prima volta, nella prassi dell’OMS che un DG procede in tal senso senza ottenere il consensus nel Comitato (qui). Nelle conclusioni il DG, non si è limitato a riportare la mancanza di consensus, ma per la prima volta, seppur senza attribuirle a specifici esperti, ha riportato un elenco delle opinioni favorevoli e delle opinioni contrarie alla dichiarazione di una ESPRI. Tra le opinioni favorevoli vi erano: 1) il fatto che il Vaiolo delle scimmie rispetti i tre criteri di cui all’art. 1 RSI; 2) il dovere morale di sviluppare tutti i mezzi e gli strumenti disponibili per rispondere all’evento, tenuto in considerazione che le comunità LGBTI+ che sono quelle più colpite fuori dall’Africa furono le stesse colpite inizialmente da HIV/AIDS; 3) le tendenze all’incremento dei casi e dei Paesi coinvolti; 4) la significativa morbosità; 5) la necessità di produrre ulteriori prove sull’efficacia delle misure farmaceutiche e non farmaceutiche, etc. Ma soprattutto i benefici percepiti dall’adozione della dichiarazione: mantenimento di un livello di consapevolezza e allerta più elevati; aumento dell’impegno politico e di sblocco dei fondi nella ricerca; rafforzamento del coordinamento internazionale nella risposta per garantire un equo accesso a vaccini e antivirali; infine la considerazione secondo cui la possibile stigmatizzazione e discriminazione che potrebbe risultare non dovrebbe essere un ostacolo all’adozione della ESPRI, ma dovrebbe essere affrontata (qui per l’elenco integrale delle opinioni favorevoli).

Le opinioni contrarie affermavano che: 1) la valutazione del rischio non era cambiata dalla riunione precedente di giugno; 2) il peso dell’epidemia è concentrato in 12 Paesi in Europa e nelle Americhe con nessuna indicazione di incrementi esponenziali; 3) la maggioranza dei casi avviene tra uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini e quindi esiste la possibilità di interrompere la trasmissione con interventi mirati in questa fascia della popolazione; 4) la severità della malattia è percepita come bassa, etc. In sostanza esse affermavano che i rischi derivanti dalla dichiarazione di una ESPRI sono superiori ai benefici in quanto: può generare stigma, marginalizzazione e discriminazione delle comunità LGBTI+, specie in Paesi dove l’omosessualità è criminalizzata; le azioni intraprese dal Segretariato OMS sembrano già essere efficaci specie nell’emisfero settentrionale; le linee guida già emesse sono complete ed adeguate; una ESPRI non rafforzerebbe la c.d. capacity building (es. laboratori) in Africa centrale ed occidentale; una ESPRI aumenterebbe artificialmente la percezione del rischio di malattia nel pubblico in generale, generando una domanda di vaccini che andrebbe utilizzata con prudenza; infine una mancata dichiarazione non significherebbe andare avanti ‘business as usual’, ma darebbe comunque l’opportunità all’OMS di comunicare le azioni di salute pubblica necessarie (ivi per l’elenco integrale delle opinioni contrarie).

Le raccomandazioni temporanee del DG pubblicate il 23 luglio 2022, due giorni dopo la riunione del Comitato d’Emergenza, e che, si ricorda, non hanno valore di per sé giuridicamente vincolante, sono state differenziate in quattro tipologie sulla base della situazione epidemiologica degli Stati parte. All’interno delle stesse viene specificato che gli Stati possono trovarsi nella situazione n. 1 o n. 2, ma che in aggiunta uno Stato potrebbe ricadere anche nella situazione n.3 e/o n. 4. A ciascuna situazione seguono specifiche raccomandazioni. Le situazioni previste sono state per l’appunto le seguenti: 1) Stati che non hanno una storia di Vaiolo delle scimmie o che non hanno riportato un caso per oltre 21 giorni; 2) Stati con un casi recenti di Vaiolo delle scimmie importati nella popolazione umana e/o  che vedono verificarsi una trasmissione da persona a persona; 3) Stati con sospetta o conosciuta trasmissione di Vaiolo delle scimmie dovuta a zoonosi, anche se questa è avvenuta nel passato, nonché gli Stati in cui il vaiolo delle scimmie è stata documentata in una specie animale ed infine quelli in cui l’infezione degli animali può essere sospettata anche di recente; 4) Stati con capacità produttiva di contromisure mediche. Per l’elenco completo si rimanda al testo, tuttavia in questa sede è opportuno segnalare che alcune di quelle che in passato venivano definite ‘non standard o requisiti’, ma ‘buone pratiche’ in tema di zoonosi (qui p.13), sono state trasformate in raccomandazioni. Tra esse la previsione di meccanismi di coordinamento One-Health o altri meccanismi a livello federale, nazionale o locale che prevedano la collaborazione di autorità sanitarie, veterinarie nonché autorità della fauna selvatica al fine di comprendere, monitorare e gestire i rischi (racc. 3. a.), ma anche la raccomandazione di svolgere indagini e studi dettagliati per individuare i modelli di trasmissione sia da animale a uomo che viceversa (racc. 3 b.).

Una volta analizzato il procedimento e le tipologie di raccomandazioni correlate è possibile concludere con qualche rilievo critico. La prima questione su cui ci si può soffermare concerne la legittimità delle decisioni dell’OMS. A riguardo sembra esserci un progresso della prassi dell’OMS in termini di trasparenza, infatti in passato l’Organizzazione era stata criticata per essere stata poco trasparente, si pensi sia all’epidemia di Ebola sia al recente caso del COVID-19 ove è stato dato il fianco a critiche relative ad interferenze politiche nel proprio operato (Eccleston-Turner, Kamradt-Scott; Maxmen). Nel caso che qui si analizza, per la prima volta sono state esplicitamente indicate le considerazioni favorevoli e quelle contrarie, ciò contrariamente a quanto avvenuto nel caso, ad esempio, della prima riunione del Comitato d’Emergenza per il COVID-19, tenutasi nei giorni del 22 e del 23 gennaio 2020, la quale non aveva portato a dichiarare la sussistenza di una ESPRI (qui) nonché della prassi antecedente (es. qui o qui). Questo nuovo modo di operare più trasparente ne accresce la legittimità. Tuttavia, la prassi di procedere con la dichiarazione nonostante la maggioranza degli esperti fosse contraria, potrebbe costituire un profilo problematico in questo senso perché minerebbe il ruolo squisitamente ‘tecnico e amministrativo’ del DG (Costituzione OMS, art. 31), ponendo un problema di responsabilità. Un elemento di contrappeso è costituito dal fatto che il DG ha una legittimazione maggiore in quanto votato dall’Assemblea mondiale della sanità, costituita dai rappresentanti degli Stati (Costituzione OMS, art. 31) e dal fatto che ai sensi del Regolamento sanitario la decisione è rimessa esclusivamente a quest’ultimo il quale quindi ha esercitato un potere espressamente previsto (RSI, art. 49 par. 5). Se né la Costituzione dell’OMS, né le regole di procedura dell’Assemblea mondiale della sanità al momento prevedono la possibilità espressa di revocare il DG, ci si potrebbe domandare se tale potere debba essere implicitamente esercitabile dall’Assemblea mondiale della sanità, tenuto conto anche che ai sensi dell’art. 18 par. d della Costituzione dell’OMS quest’ultima ha il potere di esaminare e approvare le attività del DG. Un’altra riflessione, collegata a quanto appena detto, riguarda il fatto che un ampio potere discrezionale è nelle mani del DG proprio perché i tre criteri previsti all’art. 1 RSI incorporano implicitamente il principio di precauzione e sono suscettibili di ampia interpretazione, soprattutto con riguardo a cosa costituisca ‘evento straordinario’. In questo caso il DG, probabilmente memore delle critiche delle esperienze passate, in cui l’OMS è stata accusata di aver favorito una maggiore mortalità delle epidemie con i propri ritardi (Moon e altri; Villareal, p. 252 ss.) o comunque minimizzando la pericolosità delle malattie prematuramente (Samb), ha voluto interpretare in modo estensivo il principio di precauzione al fine di dare un segnale politico volto a favorire una tempestiva cooperazione tra gli Stati. Tale decisione dovrebbe ritenersi legittima alla luce dagli elementi fattuali presentati, ossia il fatto che le dinamiche di trasmissione del virus e le prove sull’efficacia dell’utilizzo dei vaccini e dei dispositivi medici non sono ancora state del tutto chiarificate, mentre un elemento che non supporterebbe tale decisione potrebbe essere basso livello di mortalità o comunque di severità in quanto a conseguenze sulla salute. La mortalità o la gravità della malattia però non sono criteri attualmente considerati esplicitamente né dall’art. 1 RSI, né dall’art. 12 RSI. Nella prospettiva di un nuovo strumento di lotta alle pandemie giuridicamente vincolante (Greco; qui), sarebbe auspicabile, anche per diminuire il rischio di strumentalizzazioni politiche dell’Organizzazione, ancorare un’eventuale dichiarazione di pandemia quanto più possibile a criteri scientificamente rigorosi e più dettagliati.  Tali criteri dovranno anzitutto porre al centro lo scambio di informazioni  e permettere di presumere quando si debba agire sulla base di informazioni scientifiche simili a quelle del passato rispetto ad un certo tipo di patogeno senza aspettare l’evidenza di trasmissione da uomo-uomo (si veda qui, pp. 24-27). Il rapporto tra tutela della salute ed altri valori  è pur sempre un ‘trade off’. Se si vuole garantire una certa flessibilità nella tutela della salute pubblica, lasciare uno spazio per l’applicazione del principio di precauzione è inevitabile, specie quando alcuni dati in mano all’organizzazione non sono chiari o sono insufficienti (sul principio di precauzione come permeante la disciplina del RSI si vedano: Melillo, p. 197 ; Habibi e altri).  Si consideri proprio il fatto che le malattie pandemiche del futuro potrebbero avere caratteristiche che oggi non sono prevedibili.

Se come già detto la ESPRI è una dichiarazione non avente valore vincolante, essa può produrre degli effetti in quanto ‘campanello d’allarme’ per gli Stati. Essa potrebbe essere definita – prendendo in prestito la terminologia dal diritto internazionale dei disastri – un early warning system per l’intera comunità internazionale degli Stati, il quale viene attivato di concerto dallo Stato che notifica l’evento prima e poi dall’OMS. L’early warning system, nel diritto internazionale dei disastri, viene descritto come «The provision of timely and effective information, through identified institutions, that allows individuals exposed to a hazard to take action to avoid or reduce their risk and prepare for effective response» (qui, p. 12). Ma se secondo tale definizione il meccanismo ha un’applicazione verticale tra Stato ed individui, esso può altrettanto avere un’applicazione orizzontale tra Stato e Stato (Whitbourn, p. 131). Il sistema previsto dall’OMS appartiene a questo seconda tipologia e può dirsi la modalità attraverso la quale gli Stati hanno scelto di sostanziare degli obblighi di cooperazione in tema di notifica e scambio di informazioni riguardanti eventi conosciuti e capaci di costituire un rischio per la salute pubblica di altri Stati (Ivi, pp. 137, 141). Per quanto attiene l’effetto ‘verticale’ , la dichiarazione di una ESPRI dovrebbe avere, però il fine ultimo di elevare lo standard di diligenza richiesto relativo agli obblighi di prevenzione e preparazione, in quanto esso conferisce agli Stati una conoscenza di fatti – per il tramite di un’autorità pubblica quale è l’OMS – che avvengono nel territorio di un altro Stato permettendo di attivare di conseguenza un’azione appropriata alle circostanze del caso al fine di prevenire o mitigare il rischio di disastro nei confronti degli individui sottoposti alla propria giurisdizione (ILC, Draft articles on the protection of persons in the event of disasters, 2016, art.9). Si pensi che le ESPRI sono state definite un modello di ‘governo tramite l’informazione’ (von Bogdandy, Villareal, p. 11 ss.). Da tale conoscenza dovrebbero quanto meno derivare si pensi al contesto regionale della CEDU quando il pericolo è stato identificato chiaramente, obblighi di informare la popolazione dei rischi e di mantenere attivi i sistemi di allerta di emergenza, nonché di avere tutta la diligenza possibile nell’allertare la popolazione che può essere potenzialmente colpita. La valutazione della maggiore o minore diligenza nell’adempimento di tali obblighi deve tenere in considerazione, secondo la giurisprudenza della Corte Edu, se la manaccia ha fonte naturale ovvero antropica, in quanto nel secondo caso la diligenza richiesta sarebbe maggiore (ECtHR, Budayeva, par. 135-137). Si può affermare, che una volta che una ESPRI è stata dichiarata dall’OMS, il pericolo è stato identificato con una certa precisione al di là che il rischio per la salute pubblica derivi da un’attività naturale ovvero umana. Tale considerazione rende meno incisiva la distinzione che pone la Corte Edu in termini di diligenza richiesta nei due casi. L’attività dell’OMS ha una rilevanza anche nel sistema universale di tutela dei diritti umani. Infatti il Comitato del Patto sui diritti economici, sociali e culturali, oltre a considerare i programmi sanitari dell’OMS tra gli approcci complementari volti ad implementare il diritto alla salute (CESCR General Comment No. 14, par. 1), ha indicato che gli Stati parte, nell’implementare il diritto alla salute entro la propria giurisdizione, dovrebbero avvalersi dell’assistenza tecnica e della cooperazione dell’OMS medesima (ivi, par. 63). All’interno di quest’ultime dovrebbero rientrare anche le raccomandazioni emanate nel momento della dichiarazione di una ESPRI. Questo non significa necessariamente che una malattia per cui è dichiarata una ESPRI acquisisca priorità su un’altra come temuto da qualcuno (Filho, p. 400) in quanto nell’adempimento dei propri obblighi in tema di diritto alla salute la situazione locale complessiva della popolazione del singolo Stato dovrebbe essere comunque considerata alla luce delle informazioni possedute (CESCR General Comment No. 14, par. 43, lett. f). La dichiarazione di una ESPRI e la conseguente condivisione delle informazioni possono attivare anche degli obblighi di intraprendere misure specifiche per la tutela del diritto alla vita, nella misura in cui la minaccia diventa prevedibile (ICCPR General Comment No. 36, par. 18), nonché nel rendere possibile l’accesso senza ritardi ai servizi sanitari e nel realizzare piani specifici per affrontare l’emergenza (ivi, par. 26).

Il caso del Vaiolo delle scimmie, al momento, con le proprie caratteristiche peculiari, anche in termini di comunità coinvolte, oltre che di bassa mortalità e gravità della malattia, dimostra ancora una volta, anche nella prospettiva dell’adozione di un nuovo trattato sulle pandemie che magari distingua con maggior precisione il grado di pericolosità o diffusione di una malattia (sulla differenza tra epidemia, pandemia e ESPRI si veda Zhou, p. 4 ss.) che non è sempre possibile prevedere ex ante tutti gli effetti e/o gli obblighi che da una tale dichiarazione dovrebbero derivare (Villareal, p. 624) e che ogni malattia ha circostanze differenti. In una prospettiva de iure condendo, ci si potrebbe chiedere se nell’ottica di un nuovo strumento, una dichiarazione di pandemia non possa attivare – sempre tenendo conto delle circostanze – obblighi minimi, anche procedurali ovvero meccanismi di flessibilità. Ciò anche al fine di differenziare le conseguenze di un nuovo tipo di dichiarazione rispetto ad una ESPRI, che come visto in questo scritto, ha principalmente conseguenze in tema di cooperazione e scambi di informazioni. Eventuali meccanismi attivabili in seguito ad una dichiarazione di pandemia potrebbero riguardare deroghe alle regole sulla proprietà intellettuale (t’ Hoen), ovvero meccanismi di review presieduti da giuristi e scienziati indipendenti sulle misure intraprese da parte degli Stati e che tengano in considerazione anche i diritti umani delle popolazioni coinvolte secondo una prospettiva di integrazione sistemica. Un punto critico risulterebbe sicuramente la valutazione della limitazione delle libertà fondamentali (es. lockdown) in funzione della salute pubblica. In questo senso la posizione dell’OMS è stata quella di ritenere più appropriato l’intervento da parte dello Stato con scopi specifici sulla base della situazione locale (qui). Di contro difficilmente gli Stati rinuncerebbero al margine di apprezzamento sopponendosi ad un giudizio esterno in tale materia. La nuova bozza in discussione sembra considerare, in una certa misura, l’ipotesi di istituire meccanismi di monitoraggio sull’implementazione dello strumento tramite la sottomissione di rapporti periodici (si veda la Working Draft, Part V, par. 2, p. 18).

Rimane inoltre da chiarire, e a parere di chi scrive ciò è fondamentale, se e come verranno coordinate le norme contenute in questo nuovo strumento con le norme del RSI esistente nonché, se del caso, con le norme contenute nei trattati sui diritti umani o con quelle del commercio internazionale. Infatti tra i principi guida della prima bozza di lavoro sono menzionati il ‘diritto alla salute’, il ‘rispetto dei diritti umani’ e la ‘solidarietà’ ma essendo il percorso di negoziazione ancora all’inizio, non è ancora stato precisato come tali principi saranno messi in pratica nel nuovo strumento (ivi, Part II, art. 4, p. 7). Un’opzione dovrebbe essere, specie se lo strumento prenderà la forma del trattato, quella di prevedere espressamente clausole che stabiliscano un coordinamento o una prevalenza rispetto alle disposizioni di altri strumenti in caso di sovrapposizione tra le materie. Tale coordinamento dovrebbe anche considerare il fatto che il nuovo strumento dovrebbe applicarsi soltanto al più ristretto ambito delle pandemie e non a tutti i tipi di eventi capaci di costituire una ESPRI. Di conseguenza, in assenza di simili clausole, una nuova dichiarazione di pandemia prevista dal nuovo strumento e la dichiarazione di una ESPRI prevista dal RSI si troverebbero ad operare in parallelo (si veda anche la consultazione di esperti tenute dall’OMS a riguardo il 21 settembre 2022). Infine, un’ultima osservazione è che la stessa OMS pare adottare progressivamente posizioni che interpretano la propria competenza in modo sempre più ampio (sull’interpretazione restrittiva della competenza OMS in tema di legalità delle armi nucleari si guardi qui). Si pensi al fatto che le indicazioni in tema di zoonosi e One-Health, oggetto già di discussione studi e linee guida dalla prima decade degli anni 2000 (qui, qui e qui), siano state oggetto di specifiche e dettagliate raccomandazioni da parte del DG nel caso appena analizzato e che tali raccomandazioni sembrano andare – almeno in parte – oltre l’elenco contenuto all’art. 15 RSI, par. 2. Nell’ottica di un nuovo trattato, quindi, considerazioni connesse all’epidemie e relative ad aspetti ambientali o connesse agli animali, potrebbero ormai ritenersi parte della prassi dell’Organizzazione e di conseguenza inclusi all’interno delle sue competenze. In questo senso si parlerebbe di un progressivo sviluppo nell’interpretazione dell’ampiezza delle competenze dell’OMS. Alcune disposizioni relative all’approccio One-Health, tra l’altro, appaiono già nella prima bozza del nuovo strumento in corso di negoziazione (Si veda la Working Draft, Part IV, par. 7, p. 13), ed il principio ‘One-Health’ è incluso tra i principi guida dello strumento (ivi, Part II, Art. 4, p. 7).

Previous post

L’IMPATTO DEL DIRITTO “EUROPEO” SUL GIUDICATO INTERNO: UNA LETTURA EU-ORIENTED DI AUTONOMIA PROCEDURALE E ORDINE PUBBLICO PROCESSUALE

Next post

Un nuovo racconto di una vecchia storia: Il genere nei diritti umani

The Author

Alessio Azzariti

Alessio Azzariti

No Comment

Leave a reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *