Nuove disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale e criminalità transnazionale: l’adeguamento dell’ordinamento italiano agli standard della Convenzione di Nicosia
Anna Oriolo (Università di Salerno)
1. Il 23 marzo scorso è entrata in vigore la Legge 9 marzo 2022, n. 22 recante Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale, che riorganizza sistematicamente la disciplina esistente nell’ottica di un tendenziale inasprimento del trattamento sanzionatorio.
In particolare, il provvedimento intende allinearsi alle misure volte a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali enunciate nella Convention on Offences relating to Cultural Property del Consiglio d’Europa (conclusa il 19 maggio 2017 a Nicosia e ratificata dall’Italia con la Legge n. 6 del 2022), entrata in vigore il 1° aprile 2022. A tal fine, si ricorre anche ad alcuni degli strumenti di contrasto al crimine organizzato transnazionale previsti dalla United Nations Convention against Transnational Organized Crime (UNTOC, adottata a Palermo il 15 Novembre 2000 e ratificata dall’Italia con la Legge n. 146 del 2006).
2. La novella legislativa si compone di 7 articoli attraverso i quali essenzialmente:
1. colloca nel Codice penale gli illeciti attualmente ripartiti tra Codice penale e Codice dei beni culturali;
2. introduce nuove fattispecie di reato;
3. innalza le pene edittali vigenti;
4. e prevede aggravanti quando oggetto di reati comuni siano beni culturali.
Le nuove disposizioni a tutela del patrimonio culturale anticipano, quindi, l’adeguamento del nostro ordinamento alla Convenzione di Nicosia del 2017, che sostituisce la precedente Convenzione di Delfi sullo stesso tema e si propone di prevenire e combattere la distruzione intenzionale, il danno e la tratta dei beni culturali, nonché di rafforzare la capacità di prevenzione della criminalità e di risposta della giustizia penale a tutti i reati in materia di beni culturali, promuovendo la cooperazione nazionale e internazionale a questo fine. In particolare, la Convenzione punisce diverse condotte in danno di beni culturali, tra cui il furto, gli scavi, l’importazione e l’esportazione illegali, nonché l’acquisizione e la commercializzazione dei beni così ottenuti. Identifica, inoltre, come reato la falsificazione di documenti e la distruzione o il danneggiamento intenzionale dei beni culturali.
In una tale prospettiva, l’art. 1 (lett. a) del provvedimento di riforma provvede ad ampliare il catalogo dei delitti per i quali è consentita la c.d. «confisca allargata» ex art. 240-bis del Codice penale, per includervi i reati di ricettazione di beni culturali, di impiego di beni culturali provenienti da delitto, di riciclaggio e autoriciclaggio di beni culturali, nonché di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali.
L’art. 1 (lett. b) introduce, poi, un intero nuovo Titolo VIII-bis rubricato Dei delitti contro il patrimonio culturale, composto da 17 articoli (da 518-bis a 518-duodevicies), con i quali trasferisce nel Codice penale le disposizioni precedentemente contenute nel Codice sui beni culturali e ne introduce di nuove mutuate dalla citata Convenzione del 2017. I nuovi articoli del Codice penale sono, in particolare: l’art. 518-bis relativo al furto di beni culturali; l’art. 518-ter che disciplina l’appropriazione indebita di beni culturali; l’art. 518-quater che sanziona la ricettazione di beni culturali; l’art. 518-quinquies che punisce l’impiego di beni culturali provenienti da delitto; l’art. 518-sexies relativo al riciclaggio di beni culturali; l’art. 518-septies che copre l’autoriciclaggio di beni culturali; l’art. 518-octies riguardante la nuova fattispecie di falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali (ad esempio, al fine di farne apparire lecita la provenienza), derivata dall’art. 9 della Convenzione di Nicosia; l’art. 518-novies in merito alle violazioni in materia di alienazioni di beni culturali; l’art. 518-decies rubricato importazione illecita di beni culturali; l’art. 518-undecies in materia di uscita o esportazione illecite di beni culturali; l’art. 518-duodecies che punisce la distruzione, la dispersione, il deterioramento, il deturpamento, l’imbrattamento e l’uso illecito di beni culturali o paesaggistici.
La riforma qualifica, dunque, come autonome fattispecie penali, di natura delittuosa, le aggravanti e le contravvenzioni attualmente previste dal Codice penale e subordina la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
Le nuove disposizioni penali includono anche l’art. 518-terdecies relativo alla devastazione e al saccheggio di beni culturali e paesaggistici; l’art. 518-quaterdecies che sanziona la contraffazione di opere d’arte; e l’art. 518-quinquiesdecies che esclude la punibilità a titolo di contraffazione di colui che produce, detiene, vende o diffonde opere, copie o imitazioni dichiarando espressamente la loro non autenticità. L’intervento legislativo prevede, poi, all’art. 518-sexiesdecies, una serie di aggravanti nelle ipotesi in cui i reati contro beni culturali cagionino un danno di rilevante gravità, oppure siano commessi nell’esercizio di un’attività professionale, commerciale, bancaria o finanziaria. Il nuovo Titolo VIII-bis disciplina altresì, all’art. 518-septiesdecies, la riduzione delle pene in caso di ravvedimento operoso e all’art. 518-duodevicies la confisca penale obbligatoria – anche per equivalente – delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto, il profitto o il prezzo, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei delitti previsti dal nuovo Titolo. Da ultimo, la nuova normativa estende, ex art. 518-undevieces, l’applicabilità delle disposizioni penali a tutela dei beni culturali anche ai fatti commessi all’estero in danno del patrimonio culturale nazionale.
Oltre ai nuovi delitti, l’art. 1 della riforma, inserisce nel Codice penale l’art. 707-bis relativo alla nuova contravvenzione in materia di possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli.
L’art. 2 della Legge 22/2022 è, invece, dedicato alla modifica della disciplina delle attività sotto copertura attualmente previste dalla citata UNTOC in relazione ad un determinato catalogo di delitti (dalla falsità in monete alla contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi; dalla estorsione al sequestro di persona; dall’usura al riciclaggio e all’impiego di denaro di provenienza illecita, nonché gravi altri reati previsti dal codice penale, dal T.U. immigrazione e dal T.U. stupefacenti; dalle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti ai delitti con finalità di terrorismo e di eversione) e che il provvedimento legislativo estende anche alle attività di contrasto dei delitti di riciclaggio e di autoriciclaggio di beni culturali (ex art. 518-sexies e 518-septies) svolte da ufficiali di polizia giudiziaria degli organismi specializzati nel settore dei beni culturali.
L’art. 3 della riforma, inoltre, interviene sul catalogo dei reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti modificando il Decreto legislativo n. 231 del 2001, con l’inserimento di due nuovi articoli: l’art. 25-septiesdecies, rubricato Delitti contro il patrimonio culturale e l’art. 25-duodevicies, in materia di Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici.
Seguono ulteriori modifiche (artt. 4-7) in materia di aree protette e abrogazione di alcune disposizioni del Codice penale e del Codice dei beni culturali, con finalità di coordinamento del nuovo quadro sanzionatorio penale con la normativa vigente.
3. La riforma legislativa interviene in un momento di profonda consapevolezza, che si registra tanto in ambito internazionale che interno, della rilevanza assunta dal patrimonio culturale quale testimonianza unica e fondamentale della storia e dell’identità di popoli diversi. I beni culturali rappresentano infatti una risorsa insostituibile, meritevole dei più alti standard di tutela in modo che essi possano essere goduti tanto dalle generazioni presenti quanto da quelle future (v. Explanatory Report to the Council of Europe Convention on Offences relating to Cultural Property, par. I.1).
Tali standard implicano necessariamente la criminalizzazione delle condotte offensive dei beni culturali (artt. 3-11, Convenzione di Nicosia), l’individuazione di sanzioni proporzionate, effettive e dissuasive (art. 14, Convenzione di Nicosia), nonché la cooperazione tra le autorità inquirenti al fine di facilitare la consultazione e lo scambio di informazioni relative ai beni culturali che sono stati oggetto di un reato (artt. 19 e 21, Convenzione di Nicosia).
La nuova disciplina dei reati contro i beni culturali tenta così, innanzitutto, di sanare la frammentazione normativa esistente nell’ordinamento italiano in materia di tutela penale del patrimonio culturale. Essa, però, risponde anche all’esigenza di dare attuazione ai principi costituzionali in forza dei quali il patrimonio culturale e paesaggistico necessita di una tutela ulteriore rispetto a quella offerta alla proprietà privata (art. 9 Cost.) e, a tal fine, permette di utilizzare strumenti tipici della legislazione antimafia per confiscare i patrimoni illecitamente ottenuti in danno di beni culturali e colpire con sanzioni interdittive (ad esempio l’esclusione da finanziamenti ed agevolazioni) le società responsabili di reati contro tali beni.
Oltre alle esigenze dettate dalla mutata «filosofia» della tutela dei beni culturali e dalla urgenza di un riordino complessivo del sistema sanzionatorio, adeguandolo ai principi costituzionali, il testo della riforma è, però, ispirato anche alle necessità legate al nuovo atteggiarsi dei fenomeni criminosi (v. Delega al governo per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro il patrimonio culturale), ovvero alla loro interconnessione e alla dimensione transfrontaliera della maggior parte di essi (v. la Strategia dell’UE per contrastare la criminalità organizzata 2021-2025). Il traffico di beni culturali ad esempio è, per sua natura, un fenomeno transnazionale che, dopo il commercio di armi e droga, rappresenta una delle forme più redditizie di criminalità organizzata e può finire per finanziare corruzione, terrorismo, violenza e altri crimini (v. SC Res 2199/2015 par. 15, 16 e 17; SC Res. 2253/2015 par. 14 e 15; SC Res. 2322/2016 par. 12; SC Res. 2347/2017). Non a caso, la Convenzione di Nicosia è volta a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali nel più ampio quadro dell’azione per la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata (v. Preambolo).
Pur esistendo una Convenzione UNESCO per fronteggiare la circolazione illecita di beni culturali e altre iniziative promosse dall’ONU per adottare un Model Treaty for the prevention of crimes that infringe on the cultural heritage of peoples in the form of movable property, la disciplina della prevenzione e repressione della criminalità trasnazionale in materia di beni culturali, in ambito universale, ha continuato ad essere ricavata prevalentemente dalle disposizioni dell’UNTOC. Per quanto attiene, invece, all’ambito regionale, in particolare dell’Unione europea, ancorché gli illeciti in esame attengano certamente a «sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale» (art. 83 par. 1, TFUE), essi sono esclusi tanto dall’elenco degli Eurocrimes per i quali l’Unione potrebbe dettare «norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni» (ibid.), quanto dall’ambito delle violazioni che rientrano nella competenza materiale della Procura europea, limitata ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, a meno di non integrare tali categorie con decisione unanime del Consiglio (art. 83 par. 1, e 86 par. 4 TFUE).
Sicché, pur essendo ad oggi ratificata soltanto da 6 Stati, la Convenzione di Nicosia rappresenta il principale strumento internazionale vincolante dedicato espressamente alla tutela penale del patrimonio culturale ed esprime una intensa attività di collaborazione tra numerose organizzazioni internazionali quali l’Unione europea, l’Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato (UNIDROIT), l’UNESCO e l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC), a conferma della portata globale assunta dagli illeciti in danno del patrimonio culturale e dell’esigenza di contrastarli attraverso attività di cooperazione nazionale ed internazionale (art. 1 (1)(c) Convenzione di Nicosia) che siano al passo con il continuo evolversi della criminalità organizzata.
In linea con gli obiettivi fissati dal Consiglio d’Europa, la recente Legge italiana di riforma si propone, quindi, di predisporre strumenti preventivi, di indagine e repressivi che consentano alle forze di contrasto e all’autorità giudiziaria di intraprendere le azioni necessarie per rispondere efficacemente alle mutevoli sfide poste dai gruppi criminali coinvolti in reati in danno di beni culturali, in grado di adattarsi e sfruttare i cambiamenti nell’ambiente in cui operano, come dimostra, peraltro, l’allontanamento del mercato nero dai tradizionali mezzi di scambio e l’intensificarsi del commercio di antichità online attraverso i social media e il Deep Web (v. Explanatory Report to the Council of Europe Convention on Offences relating to Cultural Property, par. I.5).
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