L’efficacia del Joint Procurement Agreement dell’UE nell’emergenza COVID 19 e la sua compatibilità con il diritto OMC
Sara Pugliese, Università degli Studi di Napoli Parthenope
1. Introduzione
A partire dallo scoppio dell’emergenza COVID 19, la Commissione europea ha posto in campo una serie di iniziative di supporto agli Stati per acquisire l’ammontare necessario di farmaci e dispositivi di protezione a prezzi accessibili, non rinunciando al controllo sulla qualità e sulla sicurezza di tali prodotti. In questa prospettiva, la Commissione sta facendo sempre più di frequente ricorso alle procedure di appalto congiunto, in particolare a quelle previste dall’Accordo di aggiudicazione congiunta per le contromisure mediche (Joint Procurement Agreement to procure medical countermeasures/JPA), approvato con Decisione della Commissione del 2014, dalla «riserva RescEU» (F. Casolari, 2020; G. Bartolini, 2020) e dallo «strumento per il sostegno di emergenza» (Regolamento del Consiglio 2016/369; Regolamento del Consiglio 2020/521).
Pur offrendo, rispetto alle procedure nazionali, maggiori garanzie di rapidità ed efficienza, le procedure in parola possono porre dubbi in termini di trasparenza e di rispetto dei principi di concorrenza e apertura degli appalti promossi dall’UE non solo nel mercato interno ma anche in ambito Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).
Il presente contributo si focalizza sul JPA, analizzandone natura e modalità applicative al fine di valutare se esse possano contribuire a garantire migliori condizioni di acquisto, accesso equo e alti standard di qualità dei prodotti sanitari senza ostacolare la liberalizzazione degli appalti sul piano internazionale.
2. Il JPA: natura e modalità applicative
In seguito all’influenza H1N1 (c.d. “influenza suina”), il Consiglio dell’Unione aveva invitato la Commissione ad elaborare un meccanismo di aggiudicazione che consentisse agli Stati membri, su base volontaria, l’acquisizione congiunta di vaccini e farmaci antivirali (Conclusioni del Consiglio «Affari generali» del 13 settembre 2010; Conclusioni del Consiglio «Occupazione, Politiche sociali, Salute e Consumatori» del 6 e 7 dicembre 2010; si veda anche Risoluzione del Parlamento europeo dell’8 marzo 2011). In questa prospettiva, il Regolamento del Parlamento e del Consiglio 966/2012 sulle regole finanziarie applicabili al bilancio dell’UE (oggi abrogato dal Regolamento 2018/1046, v. infra), all’art. 104, ha previsto la possibilità di procedure di aggiudicazione congiunta tra le Istituzioni e gli Stati membri, con il coinvolgimento anche degli Stati dell’EFTA e dei Paesi candidati all’adesione. Nel 2013 il Parlamento e il Consiglio hanno adottato la Decisione n. 1082/2013/UE relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero. In base all’art. 5 della Decisione, in caso di gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri che lo desiderano possono dare avvio a una procedura di aggiudicazione congiunta per l’acquisto di contromisure mediche, stabilendo in un accordo le modalità pratiche che la disciplinano.
Nel 2014 la Commissione ha adottato, come già evidenziato, in applicazione alla Decisione 1082/2013/UE, la decisione di approvazione del JPA. Nel documento «Considerations on the legal basis and the legal nature of the Joint Procurement» (p. 3), escludendo che si tratti di un accordo internazionale secondo l’art. 2 della Convenzione di Vienna, la Commissione ha chiarito che il JPA è disciplinato dal diritto dell’UE e che «… its unusual character is explained by the fact that it is a measure adopted in common by the Commission and the participating States». Nell’«Explanatory Note on The Joint Procurement Mechanism»( p. 3), poi, la Commissione ha concluso che si tratta di «an administrative arrangement concerning purchasing».
Oggi il JPA trova un esplicito riferimento anche nel Regolamento del Parlamento e del Consiglio 2018/1046, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che, come già detto, ha abrogato il regolamento n. 966/2012. L’ art. 165, §2, del Regolamento 2018/1046, specifica che, nel disciplinare gli appalti congiunti, l’istituzione dell’Unione e l’amministrazione aggiudicatrice di uno Stato membro, di uno Stato dell’EFTA o di un paese candidato all’adesione all’Unione “si accordano sulle modalità pratiche della valutazione delle richieste di partecipazione o delle offerte, sull’aggiudicazione del contratto, sul diritto applicabile al contratto e sul giudice competente in caso di controversie”. Il JPA, quindi, si configura come un “accordo di partenariato”, una sorta di “contratto”, finalizzato a stabilire le modalità operative della procedura di aggiudicazione congiunta tra la Commissione e gli Stati partecipanti. In particolare, nei rapporti con gli Stati membri il JPA evoca – in una prospettiva “quasi federalista” – gli “accordi quadro” stipulati nel nostro ordinamento tra Stati e regioni per la gestione di iniziative condotte congiuntamente tra il livello centrale e territoriale di governo. Si tenga, però, conto che, in base all’art. 1 del JPA, l’Accordo non comporta alcun obbligo di partecipare alle singole procedure, non comporta oneri finanziari e non impedisce agli Stati Parti di attivare procedure di appalto indipendenti, anche in riferimento alle stesse contromisure e agli stessi operatori.
Per quanto riguarda le modalità pratiche di gestione dell’appalto stabilite dal JPA, al fine di garantire la possibilità per gli Stati minori di far partire procedure anche quando gli Stati più grandi non siano interessati ad acquisire farmaci e dispositivi, il JPA, art. 13, prevede un numero minimo di partecipanti piuttosto esiguo (cinque). La gestione del JPA è affidata ad un organo di carattere generale, il Joint Procurement Agreement Steering Committee (JPASC, art. 5, §1), composto da un rappresentante della Commissione e da un rappresentante di ciascuno Stato Parte. La gestione delle singole procedure e la definizione delle specifiche tecniche e dei criteri generali di allocazione sono, invece, di competenza degli Specific Procurement Procedure Steering Committee (SPPSC o Steering Committee, art. 5, §2), composti solo dai rappresentanti degli Stati partecipanti (cfr. the Explanatory Note “Decision Process In The Steering Committees Managing the Joint Procurement Mechanism” e la “Flowchart on the implementation of the Joint Procurement Agreement by the different Steering Committees”). La Commissione ha il compito di preparare e organizzare la procedura di aggiudicazione (art. 4, §2, lett. a), nonché di adottare la decisione di aggiudicazione, previa approvazione dell’SPPSC. In base alla decisione della Commissione, spetta agli Stati partecipanti procedere individualmente alla firma di contratti di fornitura (artt. 21 ss.), previamente approvati dal SPPSC. La Commissione può anche procedere all’aggiudicazione di “contratti quadro” (art. 4, §2, lett. a-b; artt. 27 ss.) che, definendo le condizioni generali, rinviano ai successivi contratti esecutivi, stipulati individualmente dagli Stati, la definizione e gli elementi di dettaglio (art. 4, §2, 2° comma). L’ammontare di contromisure mediche destinato a ciascuno Stato è stabilito in base alle sue richieste nell’ambito dello Steering Committee (art. 17).
Per l’emergenza COVID 19, in base all’Accordo, a partire dal mese di febbraio 2020 la Commissione ha pubblicato cinque gare d’appalto e sono stati firmati contratti quadro per dispositivi di protezione individuale; ventilatori; attrezzature di laboratorio; medicinali utilizzati nelle unità di terapia intensiva; attrezzature per la realizzazione del vaccino anti- Covid. In più, il 7 ottobre 2020 la Commissione ha firmato con l’azienda farmaceutica Gilead un contratto quadro di aggiudicazione congiunta in base al JPA per la fornitura di 500 000 cicli di remdesivir, unico farmaco ad aver ottenuto l’autorizzazione condizionata di immissione in commercio da parte dell’EMA per la cura dei pazienti affetti da COVID 19 che richiedono ossigeno supplementare. Nella “Comunicazione del 28 ottobre 2020 su ulteriori misure di risposta alla COVID-19”, la Commissione ha annunciato l’apertura imminente di procedure di appalto congiunto per la fornitura di attrezzature mediche per la somministrazione di vaccini e per l’acquisto di test antigenici rapidi.
Proponendosi, attraverso gli strumenti analizzati, quale «centrale di committenza unica», la Commissione mette a disposizione degli Stati expertise e competenze per rafforzarne il potere contrattuale rispetto ai fornitori, garantire la trasparenza, la rapidità e l’efficacia delle procedure ed evitare la competizione negli approvvigionamenti tra gli Stati e tra i loro enti territoriali (G. Sdanganelli, 2020, p. 2341).
Indubbiamente, di fronte ad uno scenario che si prospetta caratterizzato da periodiche interruzioni della produzione, dalla contrazione degli spostamenti di persone e merci e, di conseguenza, da catene di approvvigionamento più corte e diversificate, iniziative come il JPA mirano a costituire uno strumento fondamentale di solidarietà nonché di sicurezza, di continuità e di equa distribuzione degli approvvigionamenti per tutti gli Stati. Tuttavia, proprio l’esperienza dell’emergenza COVID 19 ha messo in luce alcune lacune del meccanismo.
In primo luogo, la mancata previsione di un supporto finanziario da parte dell’UE ostacola l’intento della Commissione di porsi come un vero e proprio punto di riferimento per l’approvvigionamento in tutta la «macro-regione» europea (questa lacuna era già stata evidenziata da N. Azzopardi-Muscat e al., 2017, p. 51). Invero, di recente la Commissione ha cercato di colmare questa lacuna dei sistemi di aggiudicazione congiunta adottando, in base alla «Strategia dell’Unione europea per i vaccini contro la COVID 19», i c.d. accordi preliminari di acquisto con singoli produttori di vaccini a nome degli Stati membri. In base a questi accordi, l’UE, dopo una procedura di aggiudicazione congiunta, finanzia, tramite lo «strumento per il sostegno di emergenza», una parte dei costi iniziali sostenuti dai produttori per sviluppare il vaccino, ottenendo in cambio il diritto per gli Stati di acquistare direttamente dal produttore, alle condizioni stabilite nell’accordo preliminare di acquisto, dosi in proporzione alla popolazione. I primi contratti preliminari di acquisito sono stati stipulati il 14 agosto 2020 con l’azienda Astrazeneca (il cui vaccino è già in fase di valutazione da parte dell’Agenzia europea per i medicinali/EMA), il 18 settembre 2020 con Sanofi e GSK e il 7 ottobre 2020 con Janssen Pharmaceutica NV di Johnson&Johnson. Le dosi di vaccino acquistate in base agli accordi saranno distribuite agli Stati membri dell’UE, agli Stati dell’EFTA e, mediante una collaborazione con lo strumento per l’accesso globale ai vaccini contro il COVID 19 (COVAX), anche ai paesi extra europei a reddito medio-basso. Altri colloqui esplorativi per la conclusione di accordi preliminari sono in atto con aziende farmaceutiche anche al di fuori dell’area UE/JPA (Moderna e soprattutto Pfizer, il cui vaccino è in fase di valutazione da parte dell’EMA). (Sui contratti preliminari di acquisto, cfr. anche la Comunicazione “Preparedness for COVID 19 vaccination strategies and vaccine deployment” del 15 ottobre 2020).
In secondo luogo, il carattere volontaristico degli impegni previsti dal JPA, che ha consentito ad alcuni Stati parti, come il Regno Unito, di non partecipare alle gare avviate dalla Commissione, ha ridotto la portata dell’azione dell’Unione, mettendo in evidenza la necessità di attribuirle poteri più ampi nella raccolta e distribuzione dei prodotti indispensabili per la risposta all’emergenza sanitaria (Harvey, 2020; Ruijter, Vandenbroucke e al., 2020; Pacces, Weimer, 2020). Va sottolineato, comunque, che, considerati l’andamento differenziato dell’epidemia negli Stati europei e la differente situazione di partenza dei sistemi sanitari nazionali, la volontarietà su cui è basato il JPA ha permesso di attivare le suindicate procedure di aggiudicazione speditamente solo fra gli Stati realmente interessati, con risparmio di tempo e costi.
3. Compatibilità delle procedure di appalto congiunto con gli accordi OMC
Per quanto i meccanismi di aggiudicazione congiunta costituiscano uno strumento utile per rendere rapido ed efficace l’approvvigionamento di prodotti sanitari, non va sottovalutato il rischio che essi diventino un veicolo di distorsioni al commercio, favorendo le imprese degli Stati partecipanti. In questa prospettiva, può essere interessante verificare se possano esistere frizioni tra la disciplina del JPA sopra analizzata e le disposizioni relative agli appalti contenute negli Accordi dell’OMC.
Innanzitutto, va sottolineato che, a fronte degli scarsi riferimenti negli accordi multilaterali stipulati in sede OMC (Articolo III, §8, lett. a. GATT; Art. XIII GATS; Art. XIX, lett. b ASCM), gli appalti sono oggetto di un accordo plurilaterale, l’Agreement on Government Procurement (GPA), firmato nel 1994 e modificato nel 2012. Ad oggi, le Parti del GPA sono 19, tra cui l’UE, che ha firmato l’Accordo in nome proprio e dei suoi Stati membri. Per il Regno Unito, l’Accordo rimarrà in vigore fino alla scadenza del periodo transitorio della Brexit, in seguito alla quale esso potrà presentare autonoma richiesta di adesione (GPA Committee, “Accession of the United Kingdom to the Agreement on Government Procurement in Its Own Right”, 27 febbraio 2019).
Nella sua versione attuale, il c.d. Revised GPA mira a garantire l’accesso al mercato degli appalti pubblici e l’assenza di pratiche collusive tra il soggetto appaltante e l’impresa fornitrice (Ueno, 2013; Dawar, 2015; Anderson, Melo Araujo, 2017; Müller, 2017). Riguardo alla compatibilità del JPA con il GPA, per quanto il primo non contenga alcun riferimento esplicito al secondo, la Commissione sembra averne voluto garantire l’assoluta compliance con i principi del GPA. Infatti, si registra una convergenza in riferimento:
a) ai principi che devono essere rispettati nelle procedure di appalto. Il GPA, all’art. IV, sancisce i principi di non discriminazione, trasparenza, apertura ed integrità. Anche le procedure del JPA sono subordinate a tali principi. Esse, infatti sono subordinate al diritto dell’UE in materia di appalti e dunque ai principi di trasparenza, proporzionalità, parità di trattamento e non discriminazione cui sono sottoposti gli appalti delle Istituzioni in base all’art. 160 del Regolamento 1046/2018. Peraltro, l’art. 177 del Regolamento 1046/2018 afferma esplicitamente la necessità di rispettare il GPA nelle procedure di appalti aggiudicati dalle Istituzioni;
b) alla necessità di evitare i comportamenti “vischiosi” tra imprese e amministrazioni. Il GPA fa riferimento alla necessità di evitare i conflitti di interesse sia in Preambolo, sia all’art. IV, § 4 relativo alla “conduct of procedure”. Il JPA, all’art. 34, impone alle Parti contraenti di evitare i conflitti di interessi e di assicurare l’imparzialità e l’obiettività non solo dei dipendenti pubblici, ma anche di qualsiasi altro soggetto coinvolto nella procedura (cfr. Annex I);
c) alla tutela giurisdizionale delle imprese partecipanti alle procedure. Infatti, il GPA impone alle Parti Contraenti di dotarsi di strumenti di ricorso tempestivi, efficaci, trasparenti e non discriminatori (art. XVIII). In piena conformità con tale articolo, il JPA garantisce alle imprese il ricorso agli strumenti di tutela previsti dal diritto dell’UE e dal diritto nazionale (artt. 42-43).
Ciononostante, potrebbero sorgere controversie qualora nelle procedure di appalto fossero richiesti requisiti tecnici talmente rigorosi da poter essere considerati barriere all’entrata. Sul punto si ricordi che il JPA demanda agli Steering Committees l’individuazione delle specifiche tecniche da utilizzare come criteri di ammissione e valutazione per ciascuna procedura, mentre il GPA, all’art. X, vieta espressamente ogni specifica tecnica e procedura di valutazione di conformità che abbiano per oggetto o per effetto di creare ostacoli non necessari al commercio internazionale, raccomandando, laddove possibile, il ricorso agli standard internazionali. Peraltro, requisiti troppo stringenti potrebbero creare profili di incompatibilità con altri accordi OMC, in particolare con l’Agreement on Technical Barriers to Trade/TBT). Il rischio di incompatibilità con tali Accordi dovrebbe essere evitato in fase di attuazione da parte degli Steering Committees, che dovrebbero attenersi a standard tecnici internazionali trasparenti, obiettivi e prevedibili. In mancanza di questi ultimi, sarebbe opportuno che gli Steering Committees applicassero standard strettamente necessari alla tutela di interessi quali la salute (Pugliese, Il rischio nel diritto dell’Unione europea tra principi di precauzione, proporzionalità e standardizzazione, Bari, 2017, p. 26). Sul punto va evidenziato che la scelta di ricorrere, durante l’emergenza COVID 19, prevalentemente a procedure negoziate– in cui è la Commissione ad invitare le imprese a partecipare alle procedure in base a ricerche di mercato – può favorire un rapporto diretto con le imprese fornitrici e, dunque, l’adeguamento agli standard e alle richieste specifiche della Commissione. Nel contempo, la riservatezza della documentazione può minare la trasparenza delle procedure, con il rischio che molte imprese, pur in grado di offrire forniture conformi agli standard e condizioni vantaggiose, non vengano a conoscenza degli avvisi.
L’esigenza di assicurare la trasparenza e l’apertura delle procedure di appalto, soprattutto in riferimento ai prodotti sanitari, è tanto più forte in questa fase emergenziale, in cui il confine tra misure finalizzate ad assicurare la rapidità e la sicurezza degli approvvigionamenti e vere e proprie misure protezionistiche è estremamente labile (WTO General Director and WHO General Director Joint Statement, WHO cite importance of open trade in ensuring flow of vital medical supplies, 20 April 2020; Deputy Director-General A. WM. Wolff, The time now is for action rather than reflection, 7 May 2020).
Se il JPA è applicato nel rispetto della disciplina del GPA, considerata la sua dimensione macro-regionale, esso può costituire uno strumento efficace per il consolidamento dei principi di non discriminazione, trasparenza, apertura, integrità nel settore degli appalti, alla stregua degli accordi stipulati dall’UE con gli Stati appartenenti ad altre organizzazioni regionali (i c.d. Economic Partnership Agreements, EPA) e con altri partner commerciali. In particolare, nel caso di accordi bilaterali con Stati che sono parti del GPA, come l’Accordo fra UE e la Repubblica di Corea (KOREU), il CETA, l’EU-Japan Economic Partnership o l’Accordo di libero scambio con Singapore, l’inserimento di clausole relative agli appalti consente di specificare in maniera più precisa ed estesa il contenuto dei principi stabiliti dal GPA (c.d. “GPA-plus” o “GPA-extra”) (Melo Araujo, 2019, p. 377 ss.; Kerr, Viju-Miljusevic, 2019, p. 387 ss.; Khorana, Garcia, 2014, 490 ss.). Nei casi, invece, di accordi bilaterali con Stati non parti del GPA (come nel caso dell’Accordo di libero scambio con il Vietnam o dei negoziati per l’aggiornamento del Global Agreement con il Messico), l’inserimento di clausole relative agli appalti negli accordi bilaterali contribuisce ad estendere i principi dell’Accordo al di fuori della “comunità” degli Stati Parti (Gagliani, 2019, p. 567 ss.).
4. Conclusioni
In una fase di forte crisi per il sistema di OMC (per tutti, Sacerdoti, 2020), e di fronte ad uno scenario che fa prefigurare un accorciamento delle supply chain (Gulotta, 2020), le forme di cooperazione «macro-regionale», come il JPA e gli accordi preliminari di acquisto, possono costituire la dimensione regolativa e gestionale ottimale soprattutto in settori, come gli appalti, dove gli Stati sono restii ad assumere vincoli troppo stringenti sul piano multilaterale. Affinché essi non si trasformino in antagonisti della cooperazione multilaterale, è, tuttavia, necessario che l’applicazione di questi strumenti avvenga nel rispetto dei principi del GPA, garantendo l’apertura del mercato europeo alla partecipazione degli operatori stranieri e la massima trasparenza in tutte le fasi della procedura.
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