Il Consiglio di sicurezza approva l’accordo sul nucleare iraniano
Mirko Sossai, Università degli Studi Roma Tre
Il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), concluso lo scorso 14 luglio a Vienna tra l’Iran e i Paesi del 5+1 – o, per meglio dire, dell’E3/EU+3 (Cina, Russia, Stati Uniti, con Francia, Germania, Regno Unito, e l’Unione europea) – riguardo al programma nucleare di Teheran, rappresenta l’approdo finale di un’azione diplomatica intensa che, a partire dal novembre 2013, ha impegnato i negoziatori per 21 mesi. La complessa fase di attuazione si è aperta il 20 luglio con l’approvazione all’unanimità del Piano d’azione da parte del Consiglio di sicurezza, con l’adozione della ris. 2231 (2015). Immediatamente dopo, il Consiglio ‘Affari esteri e relazioni internazionali’ dell’UE ha pure operato il suo endorsement.
Una svolta, dopo dodici anni segnati dalle accuse rivolte all’Iran di volersi dotare dell’arma nucleare. Una giornata storica quella del 14 luglio, come hanno sottolineato, pur nell’inevitabile diversità degli accenti, sia la dichiarazione congiunta dell’Alto Rappresentante dell’UE Mogherini e del Ministro degli Esteri iraniano Zarif, sia il Presidente degli Stati Uniti nel corso di una conferenza stampa, irritualmente lunga e animata. In effetti, Obama ha colto l’occasione per rispondere alle critiche durissime rivoltegli da vari esponenti del partito repubblicano, che controlla entrambe le camere del Congresso, soprattutto rispetto alla minaccia che l’Iran continua a rappresentare per il suo sostegno al terrorismo internazionale.
Nella stampa italiana, si sono salutate positivamente anche le nuove opportunità sia per l’economia reale sia per la finanza.
L’Iran come ogni altro Stato non militarmente nucleare
Il contenuto dell’accordo riflette un approccio graduale (step by step), fondato sulla reciprocità degli impegni (reciprocal commitments). Si tratta essenzialmente di uno scambio: l’Iran accetta una serie di limiti allo sviluppo del proprio programma nucleare – la riduzione combinata delle centrifughe, delle dotazioni di materiale fissile e dei programmi di ricerca e sviluppo – e le ispezioni della IAEA, per la revoca progressiva delle sanzioni, sia quelle adottate unilateralmente dagli Stati Uniti e dall’UE sia quelle approvate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Questo è l’obiettivo finale del Piano d’azione: che il programma iraniano sia unicamente espressione del diritto agli usi pacifici dell’energia nucleare, riconosciuto dall’art. IV del Trattato di non proliferazione nucleare, alla stregua di quello di ogni altro Stato parte, che vi abbia aderito come Stato non militarmente nucleare.
Break-out, sneak-out, and… snap-back
Per comprendere gli impegni assunti dall’Iran, non si può prescindere da tre espressioni appartenenti al gergo della non-proliferazione nucleare: break-out, sneak-out, snap-back. Anzitutto, le misure destinate a ridurre del 98% le scorte di uranio arricchito sono finalizzare ad allungare dagli attuali 2-3 mesi sino ad almeno un anno il tempo necessario all’Iran (break-out time), qualora decidesse di disattendere i termini dell’accordo, per disporre del materiale fissile qualitativamente e quantitativamente idoneo a costruire un’arma nucleare.
Né sarebbe possibile per l’Iran, a seguito dell’accordo, perseguire un programma nucleare segreto parallelo a fini militari (sneak-out), per effetto dell’accesso più libero e più ampio garantito agli ispettori della IAEA a siti non dichiarati ritenuti sospetti, compresi quelli militari.
Infine, il c.d. snap-back, più volte richiamato da Obama nella sua conferenza stampa: un meccanismo curioso di reintroduzione delle sanzioni delle Nazioni Unite, nel caso una delle potenze dell’E3/EU+3 ritenga che l’Iran non stia rispettando i propri impegni. Nel quadro delineato dalla peculiare procedura prevista dal Piano d’azione e richiamata dalla ris. 2231 (2015), si staglia il potere di veto dei cinque permanenti, perché il Consiglio, a seguito della notifica di inadempimento, ha trenta giorni per votare una risoluzione sulla revoca delle sanzioni, trascorsi i quali – senza una decisione – le disposizioni delle vecchie risoluzioni troverebbero nuovamente applicazione. In altri termini, dall’esercizio del veto da parte di uno solo dei P5 consegue la re-imposizione del regime sanzionatorio. Va specificato che, secondo la risoluzione, il meccanismo non avrà effetti retroattivi.
Il calendario dell’attuazione
L’accordo è assai rigoroso quanto alle modalità di attuazione, soprattutto rispetto alla tempistica, che si caratterizza per una precisa successione di date critiche, stabilite nel Protocollo V come segue: Finalization Day, Adoption Day, Implementation Day, Transition Day, UN Security Council Resolution Termination Day.
Il periodo chiave per l’Iran scatterà 3 mesi dopo l’approvazione del Piano d’azione da parte del Consiglio di sicurezza (Adoption Day), momento a partire dal quale troverà applicazione a titolo provvisorio il Protocollo addizionale all’accordo sulle salvaguardie, che l’Iran aveva firmato nel 2003 in virtù dell’art. III del TNP, ma non ancora ratificato. Il c.d. Implementation Day si realizzerà una volta che la IAEA avrà verificato l’adempimento da parte dell’Iran degli impegni assunti, comunicando gli esiti delle sue attività al Consiglio di sicurezza. In quel momento, che si stima possa accadere entro la metà del 2016, le sanzioni delle Nazioni Unite saranno automaticamente revocate, con l’eccezione delle restrizioni sui trasferimenti di armi e tecnologie missilistiche. La ris. 2231 stabilisce pure in 10 anni il proprio termine finale.
Anche rispetto alle misure restrittive decise dall’UE, talune – quelle di carattere economico e finanziario – saranno contestualmente eliminate, altre lo saranno solo al momento del Transition Day, ossia verosimilmente tra otto anni: si tratta di quelle relative al settore dei trasporti, nonché di beni e tecnologie rilevanti sotto il profilo nucleare. Rimangono naturalmente in vigore le misure restrittive nei confronti delle persone responsabili di gravi violazioni dei diritti umani in Iran.
Le ispezioni ‘al futuro’: l’applicazione provvisoria del Protocollo addizionale
Nel quadro in esame emerge la centralità del ruolo della IAEA nell’attività di verifica del rispetto degli impegni assunti dall’Iran nel quadro del Piano d’azione, secondo quanto stabilito dall’Allegato I al punto Q. La presenza degli ispettori dell’agenzia, specialmente nel quadro delle misure di trasparenza e di confidence-building, ha poi un orizzonte temporale di lungo periodo: ad esempio, la durata dei controlli sul concentrato uranifero è per 25 anni.
Occorre precisare che l’Iran notificherà all’IAEA l’applicazione a titolo provvisorio del Protocollo aggiuntivo all’accordo sulle salvaguardie, ai sensi del suo art. 17 (b). Si tratta di un passaggio decisivo, perché una delle ragioni di tensione con la IAEA in questi anni ha riguardato proprio il tema della ratifica di tale accordo, uno strumento essenziale per verificare l’assenza sia di diversione d’uso del materiale nucleare dalle attività dichiarate, sia l’inesistenza di materiale ed attività nucleari non dichiarate. Con l’applicazione del protocollo non soltanto all’Iran si richiede di fornire maggiori informazioni circa le proprie attività, ma soprattutto si consente all’IAEA un più ampio accesso anche a installazioni che non trattino o detengano materiali nucleari ma che dispongano di componenti potenzialmente utilizzabili in fasi del ciclo del combustibile nucleare.
Non è estranea al diritto della non-proliferazione e del disarmo la prassi dell’applicazione provvisoria dei trattati, tema di cui si sta notoriamente occupando la Commissione del diritto internazionale. A proposito del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari del 1996, il Comitato dell’ILA sul controllo degli armamenti e il disarmo, nel suo rapporto finale del 2004, ebbe modo di riferirsi all’applicazione provvisoria come meccanismo di confidence-building, poiché « [it] reinforces the legal standing of the Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty, encourages further ratifications, and deters any State from conducting nuclear tests in the future».
Il calendario relativo all’attuazione del Piano d’azione pare individuare in ben otto anni la durata dell’applicazione provvisoria del Protocollo aggiuntivo: per alcuni, ciò si deve intendere come una concessione all’Iran, il quale intenderebbe lasciarsi aperta la possibilità in ogni momento di revocare unilateralmente gli impegni in tal modo assunti, secondo quanto previsto dall’art. 25 (2) della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati tra Stati e organizzazioni internazionali. Come noto, vi si stabilisce che l’applicazione provvisoria cessa a seguito della notifica dell’intenzione di non divenire parte del trattato.
Il Piano d’azione come intesa non giuridica
Con ogni probabilità la ragione dell’applicazione a titolo provvisorio del Protocollo aggiuntivo è principalmente legata al fatto che l’intero Piano d’azione si configura come intesa non giuridica, come confermato dal testo stesso del documento, che si riferisce agli impegni assunti come voluntary measures. Il tema è stato ampiamente discusso negli Stati Uniti, a proposito delle conseguenze di un possibile voto negativo del Congresso sul Piano d’azione.
L’aspetto più dibattuto ha riguardato i possibili effetti della ris. 2231 (2015) sul contenuto del Piano d’azione, dato che secondo alcuni dalla decisione sarebbe derivato per gli Stati Uniti un obbligo giuridico a revocare le proprie misure unilaterali. Ma dal testo della risoluzione, in cui peraltro con singolare tecnica redazionale vengono citati sia l’art. 25 sia, più volte, l’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite, si legge che il Consiglio ha deciso unicamente l’estinzione delle precedenti delibere relative all’Iran, mentre si ricava semplicemente un invito a tutti gli Stati membri e alle organizzazioni internazionali a sostenere l’attuazione del Piano d’azione.
E la questione della dimensione militare del programma?
La questione delle possibili dimensioni militari del programma nucleare ha segnato i rapporti dell’Iran con la IAEA negli ultimi quattro anni: lamentando la mancanza della necessaria cooperazione, il Direttore generale dell’Agenzia aveva affermato nel 2011 «di non essere nella posizione… di concludere che tutto il materiale presente in Iran è destinato ad attività pacifiche».
Dalla sommaria presentazione del suo contenuto, è già emerso che il Piano d’azione guarda ai futuri usi esclusivamente pacifici dell’energia nucleare: condizionare gli esiti del negoziato o la stessa attuazione degli impegni sottoscritti al riconoscimento da parte dell’Iran di un precedente tentativo di dotarsi dell’arma atomica avrebbe certo comportato il fallimento degli sforzi diplomatici. Potrà allora relativamente sorprendere che la questione di chiarire quanto avvenuto nel passato sia stata affidata a una road-map firmata dal governo di Teheran e dalla IAEA lo stesso 14 luglio, per sciogliere entro dicembre 2015 tutti gli aspetti principali del programma iraniano. Significativamente, il Piano d’azione sancisce che saranno le sei potenze, in quanto membri del Consiglio dei governatori dell’IAEA, a sottoporre un progetto di risoluzione, «with a view to closing the issue». Un altro modo ancora per annunciare che si è aperta, in ogni caso, una nuova stagione.
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