Della legittimità del programma OMT della BCE, per ora… ovvero: le conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nel caso Gauweiler et alii c. Deutscher Bundestag
Susanna Cafaro è professore associato di diritto dell’Unione europea presso l’Università del Salento
Il caso Gauweiler è il primo rinvio pregiudiziale inoltrato dalla Corte costituzionale tedesca alla Corte di Giustizia dell’Unione europea ed è – anche solo per questo – destinato a fare storia.
È anche l’ultimo atto di un conflitto ideologico tra l’approccio più flessibile della BCE alla stabilità monetaria e una visione più rigida, dominante in Germania, che dalla dottrina economica tracima nelle politica e ha determinato in passato ripetuti avvertimenti della Corte costituzionale tedesca, dimissioni eccellenti e difficili equilibrismi della Corte di Giustizia (v. caso Pringle).
Secondo l’interpretazione pubblicamente promossa dal Presidente Draghi, la BCE ha ampia discrezionalità nell’interpretare il mandato affidatole dal Trattato a garantire la stabilità dei prezzi e nel fare “whatever it takes” per garantirla. In gravi momenti di crisi, la sopravvivenza della moneta e la stabilità finanziaria dell’area monetaria vanno perseguite anche mediante ricorso a misure straordinarie e non convenzionali di politica monetaria, in quanto precondizioni alla stabilità dei prezzi.
Diversa la posizione promossa dai ricorrenti nel caso Gauweiler, per la quale l’acquisto di titoli di debito pubblico di Paesi in crisi tende a configurarsi come un tentativo surrettizio di comunitarizzazione del debito pubblico, un’acquisizione da parte dell’istituto di emissione del ruolo di prestatore di ultima istanza – non previsto dai Trattati – ed un rischio di contagio delle crisi attraverso la politica monetaria europea. Tali paure, comprensibili ma solo in parte realistiche, portano la Corte costituzionale tedesca ad interrogarsi di nuovo sulla costituzionalità della partecipazione della Germania al processo di integrazione europea: una nuova puntata nella lunga saga che di pronuncia in pronuncia tiene con il fiato sospeso gli europei per questo diritto della Corte costituzionale tedesca di dire “l’ultima parola”, favorita dalla possibilità di ricorso individuale alla Suprema Corte e dall’uso politico che se ne fa.
La legittimità del programma OMT proposto dalla BCE e la competenza di quest’ultima ad adottarlo non è solo contestata dai ricorrenti davanti alla Corte costituzionale tedesca, ma sembra affiorare anche come posizione della Corte stessa, nell’ordinanza di rimessione.
Secondo la visione dominante in Germania, infatti, la stabilità dei prezzi vive nei rigidi confini della politica monetaria e ciò implica che si guardi con sospetto a misure – sia pure straordinarie – che ampliano il raggio d’azione dell’istituto di emissione alla finanza e all’intervento nella crisi dei debiti sovrani. Il Trattato, fortemente condizionato da tale approccio, fissava nel 1992 paletti rigorosi oggi giustamente in discussione. Era infatti ben lontano dallo spirito dell’intervento emergenziale e da una visione prospettica su possibili crisi future.
Rimettendo gli atti alla Corte di Giustizia, la Suprema Corte tedesca rinuncia ad esasperare il conflitto, pur sottolineandolo, ed affida alla Corte l’onere di trovare una composizione. Se è vero infatti che mettere in questione la validità di un atto dell’Unione e la competenza dell’istituzione che lo ha adottato impone la rimessione alla Corte di Giustizia come unico tribunale competente a pronunciarsi, la Corte costituzionale tedesca lascia intendere che rimane aperta un’altra strada – su cui si tornerà in seguito – cioè esprimersi sulla compatibilità della Legge fondamentale tedesca con la partecipazione all’Unione. Quest’ultima possibilità – definita come «difficoltà funzionale» (punti 30 ss.) – preoccupa non poco l’avvocato generale, che sollecita una presa di posizione della Corte.
Le conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón sono un esercizio di composizione del conflitto impegnativo e piuttosto riuscito ed un’utile traccia che la Corte di Giustizia potrebbe seguire. Il condizionale merita di essere sottolineato, visto che vi è stato un fraintendimento diffuso sulla portata dell’atto, che non condiziona in alcun modo l’esito finale del procedimento che porterà ad una sentenza della Corte.
Ma perché il programma OMT della Banca centrale europea solleva tanti problemi? Procediamo con ordine.
Il 6 settembre 2012 – in piena crisi dei debiti sovrani, con lo spread alle stelle e il timore di una frantumazione dell’unione monetaria – il Consiglio direttivo della BCE deliberava il varo del programma noto come OMT (Outright Monetary Transactions), ovvero operazioni definitive monetarie, di fatto operazioni di acquisto, potenzialmente illimitato, di titoli di debito pubblico di Paesi dell’area euro in difficoltà, pronte a scattare in caso di richiesta da parte degli Stati.
Così spiegava l’operazione la stessa BCE nel bollettino mensile del settembre 2012: «Le O[MT] consentiranno all’Eurosistema di far fronte alle gravi distorsioni nei mercati dei titoli di Stato, originate in particolare dai timori infondati degli investitori sulla reversibilità dell’euro che si riflettono, fra l’altro, nei crescenti differenziali di prezzo dei titoli di Stato a breve termine fino a luglio 2012 […]. In tale contesto, le O[MT] forniranno un meccanismo di sostegno del tutto efficace per scongiurare scenari nefasti, suscettibili di porre sfide potenzialmente impegnative per la stabilità dei prezzi nell’area dell’euro». L’accento posto sul carattere monetario della misura era d’altronde evidente nella denominazione.
Nel bollettino del mese successivo, in risposta ad una polemica già in atto, l’istituto di emissione si preoccupava poi di spiegare la legittimità del proprio intervento e specificamente la sua compatibilità con l’art. 123 del Trattato, che vieta il ricorso al finanziamento monetario del debito pubblico. Certo, l’acquisto dei titoli sul mercato secondario può sembrare un modo fin troppo semplice per aggirare tale divieto, tuttavia l’argomento sostanziale impiegato dalla Banca è la non contraddizione con lo spirito della norma stessa, finalizzata a evitare deviazioni “politiche” dall’obiettivo, come eventuali compromessi sull’indipendenza della BCE stessa o l’allentamento della disciplina di bilancio da parte degli Stati (ovvero il facile ricorso all’emissione di titoli di debito).
Precisava la BCE che tale non sarebbe stato il caso, sia garantendo la sterilizzazione dell’intervento dalle possibili conseguenze sull’inflazione sia promettendo che non avrebbe fatto sconti agli Stati sulla disciplina di bilancio, garantita da una stretta condizionalità, non gestita direttamente dalla BCE, ma piuttosto dai governi stessi associando strettamente il Meccanismo europeo di stabilità ad ogni intervento.
Tuttavia, la natura della misura, la sua atipicità, la sua dubbia compatibilità con la lettera del trattato e la natura potenzialmente illimitata dell’intervento, aggiunte all’effetto-sorpresa, erano tali da rinfocolare le peggiori paure tedesche, e poco importa che la funzione del programma OMT si esaurisse all’epoca nell’effetto-annuncio – già di per sé sufficiente a ridurre lo spread – e la BCE non ne adottasse nemmeno la normativa di attuazione. Men che meno vi ricorreva.
Per questo motivo l’avvocato generale, dando seguito ad una serie di osservazioni presentate da Stati e istituzioni, si pone in prima battuta il problema dell’ammissibilità del rinvio: è possibile pronunciarsi sulla validità di un atto solo annunciato e non in grado dunque – perché inesistente – di produrre effetti giuridici vincolanti? All’esito di una serie di riflessioni concernenti il grado di determinazione delle caratteristiche del futuro programma, la pubblicazione in bollettino e la comunicazione in conferenza stampa nonché l’impatto sui mercati, tutti atti a vincolare l’istituzione a tenere fede agli impegni presi, la risposta è positiva, tanto più alla luce del fatto che «the ECB now includes communication among its key monetary policy tools» (punto 88).
Venendo al merito, alcuni passaggi logici delle conclusioni meritano di essere evidenziati perché tracciano il filo rosso della soluzione che l’avvocato generale ha suggerito alla Corte.
1) La BCE gode di ampia discrezionalità tecnica. Alla BCE è attribuita dal TFUE una chiara responsabilità ed una competenza esclusiva nella gestione della politica monetaria dell’Unione. Indubbiamente questa trova un limite nella specificazione dell’obiettivo da perseguire – la stabilità dei prezzi – ma, in ultima analisi, è alla BCE stessa che compete l’interpretazione e la definizione di questo obiettivo. Questa è operata dalla BCE adottando le decisioni relative agli «obiettivi monetari intermedi» (art.12 dello Statuto). Nello specifico tali atti sono la “strategia di politica monetaria” del 13 ottobre 1998 ed il suo successivo emendamento (reperibili sul sito della BCE). I poteri conferiti alla BCE dunque, per quanto di natura tecnocratica e non politica sono di considerevole ampiezza quanto a discrezionalità tecnica. È vero che l’argomento sostenuto dai ricorrenti dinanzi alla Corte costituzionale tedesca mira ad iscrivere il programma OMT tra gli strumenti di politica economica anziché monetaria, e quindi al di fuori di tali poteri, ma misure di politica monetaria possano avere un impatto sulla politica economica e viceversa. In breve, il confine tra le due categorie è estremamente confuso e l’impiego di strumenti non convenzionali di politica monetaria, che sfuggono a precise classificazioni, contribuisce a renderlo tale. Né si può sottostimare la circostanza che la politica monetaria è in ultima analisi un pezzo della politica economica, tenuto distinto, anche un po’ artificiosamente, per ragioni di competenza orizzontale (tra istituzioni dell’Unione) e verticale (tra Stati e Unione). I confini della politica monetaria sono quindi interpretati, anche alla luce di circostanze eccezionali, dalla BCE stessa. Nello specifico, le motivazioni addotte dalla BCE per l’adozione del programma OMT possono essere ritenute legittime e le sue valutazioni rispettate.
2) L’avvocato generale sceglie quindi di non avventurarsi sul terreno tecnico e consiglia ai giudici di non farlo: «The Courts, when reviewing the ECB’s activity, must therefore avoid the risk of supplanting the Bank, by venturing into a highly technical terrain». E più oltre: «The intensity of judicial review […] must be characterised by a considerable degree of caution» (punto 111). Tuttavia, non si esime dal rispondere ad alcuni argomenti offerti dai ricorrenti a sostegno della classificazione degli OMT come misure di politica economica, concernenti il ruolo che la BCE svolgerebbe nella gestione della condizionalità economica cui si lega il programma di risanamento, la sua capacità di scegliere quali Stati “aiutare”, e l’aggiramento di requisiti all’assistenza finanziaria posti da altri soggetti come il meccanismo europeo di stabilità.
3) Tra questi, ritiene solo il primo meritevole di una risposta approfondita, che si traduce nel suggerire un nuovo requisito tecnico per gli OMT, relativo alla gestione della condizionalità. Se è vero che la BCE si impegna ad acquistare titoli di debito di Stati in crisi solo se questi ultimi si sottopongono alla condizionalità imposta da un programma di assistenza finanziaria, per evitare fenomeni di moral hazard è opportuno che non sia la BCE stessa a negoziare e gestire tale condizionalità. In altre parole, qualora fosse in corso il programma OMT nei confronti di uno Stato, la BCE dovrebbe fare un considerevole passo indietro rispetto al ruolo che normalmente svolge nell’ambito del MES (e come membro della Troika) per quanto attiene alla definizione e al monitoraggio dei programmi di risanamento economico.
4) Due ulteriori condizioni si impongono per la legittimità dell’intervento, per questa come per qualsiasi altra misura di politica monetaria non convenzionale: il rispetto del diritto primario dell’Unione (e dunque dei divieti posti dal Trattato) e il rispetto del principio di proporzionalità. Del primo abbiamo già scritto (qui) e non ci sembra che l’avvocato generale sollevi argomenti nuovi, indubbiamente tale rispetto si gioca sul filo dell’interpretazione e di una certa eccezionalità delle circostanze che la rende anche più flessibile di quanto sarebbe altrimenti. Particolarmente interessante è invece il suo argomentare sul principio di proporzionalità, che porta l’avvocato generale dritto ad un punto focale nella valutazione della legittimità dell’intervento della BCE: la sua accountability. Ad essa si impone infatti, come ad ogni istituzione dell’Unione, un obbligo di motivazione degli atti ed è in tale motivazione che essa dovrà dare conto, caso per caso, della necessità dell’intervento con riguardo alle specifiche circostanze, alla sua opportunità rispetto alle condizioni dei mercati e alla sua proporzionalità rispetto agli obiettivi attesi. Se il programma nel suo insieme appare già, sia pure sommariamente, motivato, è nella sua gestione concreta che tale requisito di legittimità troverà il suo banco di prova. Particolarmente importante, per rispondere ai pericoli paventati dai ricorrenti, sarà la proporzionalità e l’opportunità nell’assunzione del rischio.
5) Nell’ultima parte del documento, l’avvocato generale interviene ancora sulla compatibilità dell’intervento della BCE con il divieto di finanziamento monetario del debito posto dall’art. 123, che vieta l’acquisto diretto di titoli di debito pubblico e sul sostanziale aggiramento del divieto stesso attraverso l’acquisto sul mercato secondario. Indubbiamente tale intervento non è neutrale rispetto al mercato, atteso che ha l’obiettivo specifico di ridurre lo spread, ma deve esserlo nelle sue modalità di attuazione, consentendo comunque la formazione di un prezzo di mercato e rispettando lo spirito della norma, che consiste nel non incoraggiare gli stati ad indebitarsi maggiormente.
Quale pronostico è possibile formulare sui contenuti della futura sentenza della Corte?
È probabile che la Corte segua l’indirizzo dell’avvocato generale che, d’altronde, si muove sul filo dell’interpretazione dei Trattati, seguendo cautamente l’interpretazione datane dalla stessa BCE. È una scelta prudente che mira a dare copertura all’operato della BCE rafforzando al tempo stesso le garanzie di legittimità del suo operato. Laddove la Corte intervenisse su qualche sfumatura, accentuando con qualche pennellata i toni dell’accountability o acquerellando quelli della legittimità non ne cambierebbe la sostanza.
È anche possibile, sebbene meno probabile, che la Corte segua una via più facile: quella di ritenere il rinvio inammissibile per inesistenza dell’atto che si assume essere ultra vires. In questo caso la questione potrebbe sgonfiarsi rapidamente salvo riaffiorare, acuita, nel momento in cui la BCE decidesse veramente di ricorrere allo strumento adottando la normativa di attuazione. Una scelta che ci pare rischiosa (a meno che non si ritenga che la BCE non andrà mai fino in fondo con il programma OMT).
Ma la sentenza della Corte non concluderà la vicenda, poiché la palla passa a questo punto al Bundesverfassungsgericht, chiamato a rispondere nel merito ai ricorsi individuali applicando la sentenza della Corte. Tali ricorsi, come già detto, non si esauriscono nella contestazione di validità del programma OMT ma arrivano – come sempre – a toccare la legittimità costituzionale della partecipazione all’Unione.
Al di là delle argomentazioni sollevate dalle parti è poi quanto meno singolare che la Suprema Corte abbia scelto di riportare nel corpo dell’ordinanza – come diritto rilevante – la propria giurisprudenza, ricordando, in testa al paragrafo relativo, che «[t]he Federal Constitutional Court’s powers of review cover the examination of whether acts of European institutions and agencies are based on manifest transgressions of powers […] or affect the area of constitutional identity, which cannot be transferred» (par. 22). Proprio nel caso in cui la Corte di Giustizia facesse salvo il programma OMT, essa dunque manterrebbe un potere di valutare altrimenti, ritenendo violato il principio di attribuzione e minacciata l’identità costituzionale della Germania o anche semplicemente violata la competenza di bilancio del Parlamento tedesco. Ancora una volta, ci si ricorda che «[i]t is inevitable and due to the fact that in the European Union, Member States are invariably the masters of the Treaties, that constitutional and Union law perspectives do not completely match in the marginal cases of possible transgressions of powers by institutions and other agencies of the European Union» (par. 26).
Si accontenterà la Corte costituzionale tedesca di aver fatto scattare un campanello di allarme sull’esuberanza della BCE? È del tutto improbabile che arrivi a mettere in discussione la partecipazione della Germania al processo di integrazione europea. È invece più che possibile che la sentenza Gauweiler si aggiunga alla già troppo lunga lista di sentenze in cui la Corte costituzionale tedesca ribadisce come l’intero processo di integrazione europea rimane appeso al filo del proprio placet.
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