Sequestro conservativo dei conti correnti all’estero e recupero transfrontaliero dei crediti: prime riflessioni sul regolamento (UE) n. 655/2014
Eva de Gotzen è Dottore di ricerca in Diritto internazionale presso l’Università degli studi di Milano.
Tra i beni costituenti il patrimonio mobiliare del debitore, i depositi bancari appartengono a quella categoria che, per eccellenza, può essere facilmente sottratta al soddisfacimento delle pretese creditorie attraverso atti di disposizione non soggetti ad alcuna forma di pubblicità.
Il problema si complica ulteriormente quando tali beni si trovano all’estero. In base alle regole generali (cfr. art. 31 regolamento Bruxelles I e art. 35 regolamento Bruxelles I-bis), il creditore ha già la possibilità di ottenere provvedimenti cautelari nel Paese dell’esecuzione per prevenire il depauperamento del patrimonio dell’obbligato. Tuttavia, l’individuazione all’estero di eventuali conti correnti intestati al debitore inadempiente comporta notevoli difficoltà, mentre l’eterogeneità dei requisiti per ottenere misure cautelari nei vari Stati membri può, di fatto, ostacolare il recupero transfrontaliero dei crediti. Di qui la necessità di introdurre una nuova misura a livello europeo, atta a congelare pro tempore i beni del debitore depositati in conti bancari all’estero, al fine di neutralizzare – nei casi transfrontalieri – eventuali atti di disposizione dell’obbligato sul proprio patrimonio, che ne diminuiscano la consistenza in pregiudizio delle ragioni creditorie.
Con l’intento di soddisfare l’esigenza testé delineata, è stato recentemente adottato il Regolamento (UE) n. 655/2014, che istituisce una procedura per l’ordinanza europea di sequestro conservativo (“OESC”) su conti correnti bancari per facilitare il recupero transfrontaliero dei crediti in materia civile e commerciale.
Il Regolamento consente di ottenere – con un procedimento semplificato e uniforme, da attivare nelle more di un giudizio di condanna (ante causam o medio iudicio – art. 5), in via alternativa rispetto ai procedimenti interinali di diritto interno (art. 1.2) – una nuova forma di misura conservativa di natura reale, volta a impedire la dispersione dei beni del debitore, con propri presupposti, una propria procedura di emissione basata su regole processuali autonome e su formulari standard, oltre a forme attuative e d’impugnazione ad hoc. L’ordinanza cautelare europea così introdotta è soltanto prodromica all’esecuzione forzata, assicurando in via preventiva il concreto soddisfacimento del diritto di credito, mentre il recupero coatto del medesimo continua a essere disciplinato dalle leggi nazionali (art. 46 – per l’Italia, da individuarsi nelle norme che prevedono la conversione del sequestro in pignoramento).
Da una prima lettura tanto degli articoli quanto dei dettagliati e diffusi considerando del Regolamento n. 655/2014, la cui funzione – com’è ormai comune – non pare limitata a quella meramente introduttiva dell’atto che precedono, la nuova procedura autonoma si caratterizza per i seguenti aspetti.
Il Regolamento si applica – a decorrere dal 18 gennaio 2017 (art. 54) – in materia civile e commerciale, riecheggiando complessivamente l’ambito di applicazione del sistema Bruxelles – salvo l’esclusione per i casi d’insolvenza transfrontaliera, che è formulata in termini più articolati (art. 2, considerando 8) -, a patto che la fattispecie sia transnazionale, ossia che i conti bancari su cui dovrà avvenire l’esecuzione forzata siano localizzati in uno Stato membro diverso da quello del domicilio del creditore o da quello dell’autorità competente ad adottare il provvedimento cautelare (art. 3, considerando 10).
L’OESC può essere concessa anche se il credito azionato non è ancora liquido ed esigibile (art. 4, considerando 12) e sarà competente a emetterla, se il creditore è privo di titolo esecutivo (costituito da una decisione giudiziaria, una transazione endoprocessuale o un atto pubblico che imponga al debitore di pagare), il giudice investito della causa di merito – da individuarsi secondo le regole generali di cui al regolamento Bruxelles I-bis – o quello del luogo del domicilio del debitore se quest’ultimo è un consumatore. Se il creditore, invece, è già munito di un titolo esecutivo, sarà l’autorità che ha emesso o che ha formato il titolo a disporre la cautela (art. 6, considerando 13). Peraltro, in quanto emessa dal giudice del merito, l’efficacia dell’OESC non pare soggetta a limitazioni territoriali (cfr. considerando 33, regolamento Bruxelles I-bis).
L’emanazione di un’OESC presuppone la sussistenza dei noti presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora (art. 7). Se il credito non è stato ancora accertato, il creditore dovrà espressamente fornire prova della verosimiglianza della sua pretesa. Più in generale, il creditore dovrà dimostrare la fondatezza del timore di perdere le garanzie del proprio credito, che potrà essere desunta, anche alternativamente, da elementi obiettivi, attinenti alla consistenza qualitativa e quantitativa del patrimonio del debitore in rapporto all’entità del credito, o da elementi soggettivi, riguardanti il comportamento del debitore inadempiente (considerando 14). Qualora la richiesta di emissione sia stata presentata ante causam, il creditore dovrà instaurare il relativo procedimento di merito, normalmente entro 30 giorni dalla domanda, e fornirne prova. In difetto, la misura cautelare verrà revocata e ne saranno caducati gli effetti (art. 10).
L’OESC verrà emessa nel giro di 5/10 giorni dal deposito della domanda (artt. 17-18), inaudita altera parte (art. 11, considerando 15). Una volta concessa, essa sarà automaticamente riconosciuta nello Stato membro richiesto e sarà sottratta alla procedura di exequatur (art. 22). Peraltro, superando le precedenti esperienze in tema di cooperazione giudiziaria, il Regolamento n. 655/2014 introduce una dettagliata disciplina autonoma sulle modalità procedurali di esecuzione dell’OESC, nel senso che l’ordinanza europea dovrà essere trasmessa senza indugio alla banca presso cui è tenuto il conto corrente del debitore cosicché quest’ultima provveda, subito dopo la ricezione dell’ordinanza stessa, a bloccare l’importo indicato (art. 23 ss.).
Pur discostandosi sensibilmente dalle soluzioni inizialmente proposte, ritenute eccessivamente sbilanciate in favore degli interessi creditori, il testo finale del Regolamento è principalmente volto a garantire l’effetto sorpresa della misura cautelare introdotta a livello europeo, consentendo di prevenire qualsiasi iniziativa fraudolenta del debitore. Infatti, a differenza del regolamento Bruxelles I-bis – in cui la libera circolazione dei provvedimenti provvisori emessi inaudita altera parte presuppone la previa garanzia del diritto di difesa per il convenuto (art. 42.2, lett. c); considerando 33) – l’ordinanza cautelare in parola produce i propri effetti nello spazio giudiziario europeo ancor prima che il debitore sia stato informato della relativa richiesta di (e della successiva) emissione (cfr. combinato disposto degli artt. 11, 22 e 28), consentendo di anticipare notevolmente la tutela preventiva del creditore. L’obbligato potrà, invece, opporvisi, contestandone gli eventuali vizi processuali e/o sostanziali o le criticità emerse in sede di esecuzione (salva la possibilità per entrambe le parti di chiedere la modifica o la revoca dell’OESC qualora le circostanze di fatto sulla base delle quali sia stata emessa siano nel frattempo mutate), soltanto una volta posto il vincolo di indisponibilità sulle somme rinvenute sui conti correnti esteri, quindi soltanto a misura cautelare già eseguita (cfr. artt. 33-37).
Sennonché, al fine di bilanciare gli interessi delle parti opposte, il Regolamento prevede una serie di garanzie a tutela del debitore. In primis, i requisiti piuttosto stringenti per la concessione dell’OESC, di cui si è detto, il cui difetto ne preclude ab origine l’emissione. In secundis, è prevista la costituzione di una garanzia obbligatoria per il risarcimento dei danni eventualmente patiti dal debitore in caso di abuso dell’OESC (art. 12), oltre alla configurazione di una responsabilità per colpa in capo al sedicente creditore (art. 13). La predetta condizione potrebbe, invero, rivelarsi particolarmente gravosa per quest’ultimo, sia in termini economici – le banche possono imporre consistenti commissioni a fronte della concessione di una garanzia – sia in termini processuali – in difetto della previa costituzione di quest’ultima, il creditore non potrà agire in via preventiva per tutelare i propri interessi quand’anche la pretesa fosse fondata nel merito -, tanto da attenuare il rischio di un ricorso indiscriminato al rimedio preventivo in esame. Infine, sono stati introdotti termini processuali brevi, volti ad assicurare un rapido completamento di tutte le varie fasi della procedura.
Nonostante l’acceso dibattito che ha caratterizzato i lavori preparatori, anche in senso contrario all’adozione, non si può tacere l’ulteriore traguardo che il Regolamento consente di raggiungere in termini di integrazione europea. La progressiva abolizione della procedura di exequatur – che ha raggiunto la sua espressione più completa con la recente adozione del regolamento Bruxelles I-bis – ha, infatti, trovato la sua ragion d’essere nella crescente fiducia reciproca tra gli ordinamenti degli Stati membri, alimentata dal sempre più diffuso rispetto dei medesimi requisiti processuali minimi, volto a promuovere una maggiore compatibilità tra i sistemi giuridici europei. La libera circolazione dell’OESC, invece, prescinde dal rispetto dei predetti requisiti minimi, prevedendo che lo Stato membro richiesto dia esecuzione nulla interposita mora a una misura cautelare adottata senza l’audizione del debitore e, sino a quel momento, senza garanzie di difesa per quest’ultimo, per di più sulla base di una ricognizione meramente sommaria delle pretese creditorie.
Tale aspetto creerà non poche frizioni sul piano delle tradizioni processuali degli Stati membri, se si considera che non tutti gli ordinamenti nazionali sono avvezzi all’emissione e all’immediata esecuzione di provvedimenti cautelari senza la previa audizione del convenuto – come l’ordinamento italiano, in cui tale circostanza è meramente eventuale ed è subordinata alla sussistenza di un preciso presupposto previsto per legge –, senza dimenticare l’impatto che la tempistica scandita dal nuovo regolamento avrà sui calendari processuali nazionali, in cui – come nel caso italiano – i tempi di emissione di un sequestro conservativo possono essere più dilatati.
Ad ogni buon conto, proprio la rapidità che caratterizza l’intera procedura di emissione, esecuzione e impugnazione di un’OESC dovrebbe, negli intenti, bilanciare le contrapposte esigenze delle parti, costituendo il principale rimedio per mitigare la natura draconiana di un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale del credito che dovrà essere d’ora in poi disposto, in tutti gli Stati membri, secondo una procedura espressamente in deroga al principio generale del contraddittorio.
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