Il nuovo regolamento di esecuzione della procedura Dublino III: ancora disparità nel modus operandi ma più informazioni al richiedente asilo
La recente revisione della procedura Dublino se, da un lato, conferma l’importante ruolo riconosciuto al diritto di asilo, dall’altro, solleva seri dubbi quanto alle modalità applicative che sembrano opporsi all’attuale configurazione di un sistema unico di asilo a livello europeo, specie se si considera l’obbligo di garantire l’accesso alla procedura di asilo.
I punti di debolezza della politica di asilo – già scrupolosamente segnalati dalla stessa Commissione europea (v. Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, COM (2008) 820 def.) – sono rilevabili anche nella nuova procedura. A tal proposito occorre valutare proprio le ultimissime modifiche, pubblicate lo scorso 9 febbraio 2014, con il nuovo regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 della Commissione europea che modifica il regolamento (CE) n. 1560/2003 recante modalità di applicazione del regolamento n. 343/2003, c.d. Dublino II, a sua volta sostituito dal regolamento (UE) 643/2013, c.d. Dublino III.
Le disposizioni in questione mirano ad ampliare alcune delle modalità concrete previste per l’effettiva attuazione del sistema Dublino III al fine di renderlo più efficace e aumentare la cooperazione tra le autorità nazionali. Pur lasciando invariati alcuni dei punti previsti nel precedente testo normativo, le principali novità riguardano la necessaria modifica delle disposizioni relative ai seguenti punti: la trasmissione e il trattamento delle richieste di presa e di ripresa in carico; le domande di informazioni; la cooperazione ai fini del ricongiungimento di familiari e altri parenti nel caso di minori non accompagnati e persone dipendenti; nonché l’esecuzione dei trasferimenti. Vengono, inoltre, inseriti un opuscolo comune su Dublino/Eurodac ed uno specifico per i minori non accompagnati che richiedono la protezione internazionale, insieme ad una serie di moduli standard per lo scambio di informazioni sui minori non accompagnati e per lo scambio di informazioni su dati sanitari di una persona prima di un trasferimento.
Dal punto di vista contenutistico le singole innovazioni rappresentano una mera specificazione, di natura strettamente tecnica, delle disposizioni del regolamento Dublino III. Tuttavia, sembra doveroso soffermarsi su alcune questioni.
Sotto un primo profilo, va considerato che la determinazione dello Stato membro competente all’esame della domanda d’asilo, ai sensi della procedura Dublino, comporta anche il trasferimento del richiedente la protezione internazionale che si trova nello Stato membro incompetente.
In tema di trasferimenti (art. 9 par. 2 del reg. esc. n. 118/2014) si prevede, però, uno spostamento della competenza allo Stato richiedente il trasferimento qualora quest’ultimo, non potendo eseguire tale trasferimento entro il normale termine di sei mesi, non ne dia informazione allo Stato membro richiesto prima dello scadere del termine previsto. Il ritardo non denunciato determina in tal modo la competenza di un paese che, per la procedura Dublino, non era inizialmente idoneo. Va rilevato, dunque, come, da un lato, il sistema in atto consenta al singolo Stato di paralizzare la competenza dell’altro Stato semplicemente con la sua inattività; dall’altro, come il trasferimento, insieme all’esame della domanda di protezione internazionale, dipenderà inevitabilmente dall’efficienza o dall’inerzia del sistema burocratico di uno Stato.
E’ dunque possibile garantire l’accesso alla procedura di asilo in un sistema che ancora oggi consente risultati sensibilmente differenti a seconda del Paese in cui la domanda di asilo viene presentata? E ancora, l’esistenza di un rilevante lasso di tempo tra la presentazione della domanda e la mancata esecuzione del trasferimento non si traduce sostanzialmente in una inutile attesa da parte del richiedente che di fatto si ritrova nella medesima situazione in cui si trovava all’inizio della procedura?
La situazione cambia e, di conseguenza, la procedura si semplifica, quando il trasferimento deve tenere conto del ricongiungimento di persone legate da un qualsiasi vincolo di parentela, in quanto la protezione dell’unità familiare è oramai criterio obbligatorio per la determinazione della competenza. Le disposizioni dedicate ai “casi di dipendenza” e ai “minori non accompagnati” (artt. 11 e 12 del reg. esc. n. 118/2014) impongono, infatti, agli Stati lo scambio delle informazioni che consentono di appurare i legami familiari comprovati o il vincolo di dipendenza tra il richiedente e il figlio, fratello o genitore, nonché la capacità dell’interessato di occuparsi della persona a carico. Tali circostanze rendono, dunque, indispensabile una cooperazione tra i servizi nazionali d’asilo per favorire l’accesso effettivo alla procedura Dublino nel pieno rispetto del diritto al ricongiungimento familiare. Ma, soprattutto, prevedono dei termini procedurali più ristretti (dalle quattro alle sei settimane se risultano necessarie ulteriori indagini) che meglio si conciliano con l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di asilo.
Sotto un secondo profilo, però, si deve osservare che per la prima volta il regolamento di esecuzione, nel rispettare l’obbligo di fornire maggiori informazioni al richiedente, fornisce, attraverso gli allegati X e XI, un opuscolo informativo che spiega in maniera pratica i punti essenziali comuni a tutti i richiedenti protezione internazionale ed uno opuscolo specifico, della stessa portata, rivolto ai minori richiedenti non accompagnati. Il regolamento de quo si caratterizza, in tal modo, per l’intuizione di fondo di prevedere una guida facilmente accessibile con domande e risposte che mirano a superare le possibili difficoltà interpretative per il richiedente sull’applicazione del regolamento stesso. Tuttavia sembra lecito domandarsi in che modo un’applicazione certamente più trasparente del regolamento possa contrastare una prassi caratterizzata da tempi di attesa eccessivamente lunghi e che mal si conciliano con l’immediatezza dei diritti riconosciuti a chi non può che subire passivamente il filtro della buona o cattiva gestione del sistema d’asilo nei singoli Stati membri. Non sarebbe forse più funzionale anche una partecipazione attiva del soggetto interessato all’esame della sua domanda di asilo?
Non si può trascurare d’altro canto che il regolamento Dublino III, insieme al relativo regolamento di esecuzione, non costituiscano ancora la fase conclusiva del lungo processo di armonizzazione del sistema di asilo unico a livello europeo. A tal proposito, infatti, alcuni recenti interventi della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di Giustizia – in particolare le sentenze M.S.S. c. Belgio e Grecia e NS c. Secretary of State for the Home Department – evidenziano come le lacune procedurali del sistema di asilo e le condizioni di accoglienza dei richiedenti nello Stato membro competente siano state, e continuino ad essere, spesso fonte di un modus agendi che si sostanzia, di fatto, in un trattamento inumano e degradante contrario all’art. 3 CEDU e all’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Ciò dimostra, ancora una volta, come, nonostante l’esigenza del rispetto del diritto alla parità di accesso alla protezione internazionale in tutta l’UE (v. Piano strategico sull’asilo – Un approccio integrato in materia di protezione nell’Unione europea, COM (2008) 360 def.), i sistemi interni di ogni Stato continuino a mantenere una forte discrezionalità proprio nel modus operandi .
Pertanto, sembra necessario non solo un intervento di monitoraggio costante dell’applicazione delle norme regolamentari nei vari paesi interessati – come già previsto in seno all’UNHCR – al fine di evitare trasferimenti dei richiedenti asilo in paesi che, pur facendo parte del sistema Dublino, non garantiscono gli standard di accoglienza compatibili con diritti fondamentali richiamati dallo stesso regolamento Dublino III; ma anche, e soprattutto, un significativo sforzo di armonizzazione dei sistemi interni degli Stati compatibile con il principio all’accesso effettivo alla procedura di asilo su tutto il territorio dell’Unione al fine di non compromettere la validità del sistema stesso.
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