Armi chimiche in Siria: l'ONU alla ricerca del colpevole
Le armi chimiche sono state usate in Siria. E hanno provocato feriti e morti tra la popolazione civile. Inclusi bambini. Ma chi sia stato a usarle, se il Governo di Bashar al-Assad o i ribelli, non è ancora accertato. Manca, quindi, la “pistola fumante” contro Assad, ma il risultato dell’inchiesta voluta dal Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, diffusa agli Stati membri dell’ONU il 13 settembre (SG_Report_of_CW_Investigation), è che missili e proiettili contenenti l’agente chimico sarin sono stati utilizzati su larga scala, nei confronti della popolazione civile. La Missione di inchiesta delle Nazioni Unite sul presunto uso di armi chimiche in Siria è stata attivata dal Segretario generale dell’ONU che, in base alla risoluzione dell’Assemblea generale del 30 novembre 1987 (A/RES/42/37C), confermata con la risoluzione 620 (1988) ha il potere di indagare sull’uso di armi chimiche, biologiche e tossiche in violazione del Protocollo di Ginevra del 17 giugno 1925 relativo al divieto di impiego in guerra di gas asfissianti, tossici o similari e di mezzi batteriologici e della Convenzione di Parigi del 13 gennaio 1993 sulla proibizione dello sviluppo, produzione, stoccaggio e uso di armi chimiche e sulla loro distruzione. Un simile meccanismo è stato utilizzato in Mozambico (S/24065, 12 giugno 1992) e in Azerbaijan (S/24344, 24 luglio 1992).
Era stata la Siria, in una prima fase, il 19 marzo 2013, a chiedere a Ban Ki-Moon di avviare un’inchiesta in base al cosiddetto “Meccanismo del Segretario generale”. Poi si erano uniti altri Stati e così Ban Ki-Moon aveva nominato una commissione guidata da Ake Sellström, che ha già preannunciato di dover tornare in Siria. E’ vero, infatti, che dai campioni inviati ai laboratori indicati dall’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW, http://www.opcw.org/) risulta che l’agente chimico sarin è stato usato nella zona di Ghouta il 21 agosto così come in altri luoghi, ma non è stato ancora chiarito chi ha utilizzato queste armi che, come affermato dalla Camera d’appello del Tribunale per l’ex Iugoslavia nella decisione Tadic del 2 ottobre 1995, sono vietate sia nei conflitti internazionali che in quelli interni. A questo proposito lo stesso Tribunale aveva richiamato l’uso di armi chimiche da parte dell’Iraq ad Halabja e aveva affermato che «whether or not Iraq really used chemical weapons against its own Kurdish National – a matter on which this Chamber obviously cannot and does not express any opinion – there undisputedly emerged a general consensus in the international community on the principle that the use of those weapons it also prohibited in internal armed conflicts» (IT-94-1-A, par.124).
Se è vero che mancano ancora certezze sul colpevole, è anche vero che dalla strutturazione del rapporto e dalla circostanza che l’impiego è stato massiccio si desume che il Governo siriano, con ogni probabilità, ha impiegato l’agente sarin verso la propria popolazione. Assad, però, è stato abile a spostare il centro dell’attenzione dalle stragi dei civili con numeri che la dicono lunga sull’efferatezza del conflitto all’uso delle armi chimiche e allo smantellamento dell’arsenale chimico, attribuendo alla Russia un ruolo di primo piano nella crisi siriana. Di fatto colpendo gli Stati Uniti di Obama che, ancora una volta, in linea con la precedente amministrazione Bush, hanno messo da parte il diritto internazionale a vantaggio di un unilateralismo ampiamente sconfitto in Iraq e anche in Siria, e le stesse Nazioni Unite che sono state costrette a ripiegare sulla mediazione di Putin.
La crisi, però, non è affatto superata, neanche dall’accordo tra Russia e Stati Uniti per l’eliminazione progressiva delle armi chimiche in Siria e dalla decisione del Governo di Assad di ratificare la Convenzione sulle armi chimiche in vigore per la Siria dal 14 ottobre 2013. Se, infatti, il rapporto ONU sulle armi chimiche segna un passo importante, non si possono certo chiudere gli occhi sulla complessità e la portata della guerra civile siriana che, al di là delle tipologie di armi impiegate, ha provocato numerosi morti (100.000 in due anni e oltre due milioni di rifugiati. si veda il rapporto della Commissione di inchiesta sulla Siria presentato al Consiglio per i diritti umani l’11 settembre, A/HRC/24/26) e mostrato l’incapacità di organizzazioni internazionali, ONU in testa, nel risolvere una crisi umanitaria. Che non è affatto alle spalle anche se sono stati allontanati i venti di guerra tra Stati ed è stato sventato un nuovo tracollo dell’ONU inevitabile se gli Stati Uniti avessero dato il via a un’azione militare non autorizzata dal Consiglio di sicurezza.
Dopo il rapporto sulle armi chimiche si apre una nuova fase che le Nazioni Unite dovrebbero utilizzare per tutelare la popolazione siriana e mostrare una capacità di risposta. Conseguito un risultato positivo con la ratifica della Convenzione sulla proibizione per le armi chimiche da parte della Siria, il Consiglio di sicurezza, chiamato in causa anche nel Trattato bilaterale tra Russia e Stati Uniti, ha un ruolo centrale nella fase del disarmo siriano.
Ma perché tutto non si risolva in una soluzione di facciata è indispensabile che rispetto all’accertamento dell’uso di armi chimiche effettuato dal rapporto ONU si individui il colpevole e lo si punisca anche ricorrendo alla Corte penale internazionale. Altrimenti il disarmo servirà solo a salvare Assad.
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